Le discoteche sarde, aperte ad agosto, finiscono al centro di un’inchiesta aperta dalla Procura di Cagliari, che indaga per cercare di capire la ragione della prolungata apertura dei locali della Costa Smeralda. E, soprattutto, per definire se la Regione abbia consentito o meno alla loro apertura, nonostante i rischi di una recrudescenza della pandemia da coronavirus. Un fascicolo aperto dopo l’inchiesta televisiva andata in onda durante la trasmissione Report, su Rai3, incentrata proprio sulle discoteche sarde. Delle quali gli inquirenti cercheranno di capire il presunto ruolo nell’aumento dei contagi sull’isola. Un caso che aveva occupato le cronache di agosto, soprattutto dopo il focolaio riscontrato nel locale Billionaire di Flavio Briatore, a Porto Cervo.
L’inchiesta è coordinata dall’aggiunto Paolo De Angelis, a capo di uno staff composto anche dai sostituti Guido Pani, Daniele Caria e Diana Lecca. Il primo step per gli investigatori sarà capire di più sul parere del Comitato tecnico scientifico, che risulta allegato alla decisione del governatore Solinas. Un documento finito al centro dell’inchiesta di Report, durante la quale alcuni consiglieri regionali, sia di maggioranza che di opposizione, vi hanno fatto riferimento affermando tuttavia di non averlo visionato. L’ipotesi formulata dalla trasmissione è che la task force regionale possa non aver autorizzato la riapertura. Fra gli esponenti politici ascoltati, anche il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Angelo Cocciu: “Si trattava di lasciare aperte le discoteche solo qualche giorno in più, fino a Ferragosto. Lo sapevamo che i contagi stavano salendo, abbiamo rischiato. Non volevamo tenere aperte le discoteche fino al 31 agosto, così avremmo ammazzato la Sardegna. Era questione di uno o due giorni”. Le ipotesi passano ora al vaglio degli inquirenti.
Sull’inchiesta di Report interviene Emiliano Deiana, presidente Anci Sardegna, secondo il quale “di cosa succede qui, oltre Tirreno, non ne frega nulla a nessuno. Questo ci dovrebbe consigliare che serve, oggi più che mai, una classe politica che ha testa e cuore in Sardegna, che il modello turistico fin qui costruito è un modello dello sfruttamento e del vassallaggio moderno, che la nostra terra ha diritto ad autodeterminarsi in maniera autorevole e umana. Al posto della disumanità autoctona e continentale che abbiamo subito e continuiamo a subire”.
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