DEMOCRATICI VELENI

“Attentato ai diritti politici costituzionali”. L’accusa è pesantissima; a denunciare è uno del Pd, ad essere denunciata è un’altra del Pd. Basta questa semplificazione spicciola per far capire a che livello di tensione è arrivato il corto circuito all’interno del Partito democratico. Le ultime elezioni amministrative – con la sconfitta dei candidati renziani, l’annullamento delle indicazioni della Commissione antimafia dall’altra, l’annuncio della prossima diaspora dell’opposizione interna – hanno riconsegnato all’Italia un Pd che se prima poteva definirsi lacerato ora è definitivamente scoppiato; non il suo elettorato, però, che invece ha retto l’urto delle urne. Il che paradossalmente crea un problema in più, perché le faide interne non possono non tenerne conto.

Ma entriamo nel dettaglio di questo Risiko politico. Via twitter, il neo governatore della Campania Vincenzo De Luca, inserito dalla presidente dell’Antimafia nella lista dei cosiddetti “impresentabili”, ha fatto sapere: “Oggi ho presentato in Questura la denuncia a Rosy Bindi per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali e abuso d’ufficio”. L’ex sindaco di Salerno aveva preannunciato la denuncia-querela nei confronti della Bindi venerdì scorso, subito dopo la presentazione della lista: detto, fatto!

A ruota a seguito Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella: “Ho dato mandato ai miei legali di querelare l’on. Rosy Bindi per diffamazione e attentato alla Costituzione”, ha annunciato. “La presidente della Commissione Antimafia ha abusato del suo ruolo istituzionale. Dovrebbe dimettersi”, ha spiegato.

Secca replica della presidente della Commissione parlamentare Antimafia: “L’atto ha scopi diversi da quelli che persegue la giustizia e pertanto non mi crea alcuna preoccupazione”, ha detto la Bindi. “E’ una denuncia infondata e strumentale”.

In Liguria poi, sono volate altre parole grosse. La grande sconfitta Raffaella Paita, renziana doc, ha detto: “Il cinico disegno di Cofferati, Civati, e Pastorino si realizza compiutamente”. Come lavare i panni sporchi in piazza.

Il Pd ora cercherà “un chiarimento” nella direzione di lunedì. Guerini, vicesegretario dei democratici, ha espresso “amarezza” per la perdite della Liguria e chiede “un chiarimento”. Fassina,esponente della minoranza di sinistra del partito, affonda il colpo:”Una parte del popolo democratico non ha condiviso le scelte” di Renzi. E si parla ufficialmente di “resa dei conti”.

Al netto delle lotte intestine, c’è da capire dunque cosa vuol essere il Pd nel prossimo futuro. Fatti fuori gli ex dc, non sarà un partito che guarda al centro. Eliminata la sinistra radicale non sarà un partito di sinistra. Già con questa minima lettura diventa difficile assimilare il Pd del domani al centrosinistra. Ma non è certo un partito di centrodestra. Sarà forse il partito di Renzi? Potrebbe essere, come ulteriore passo dopo l’abbandono delle ideologie iniziato un ventennio fa. Ma non si era detto che il “partito del leader” era un esperimento che aveva prodotto solo guasti!?