COSA SUCCEDE SE FALLISCE LA GRECIA

Settecento milioni di euro prelevati in poche ore per resistere all’impatto del fallimento. Le banche vengono progressivamente svuotate innescando un pericoloso domino per un’economia già al collasso. A muoversi sono imprenditori, padri e madri di famiglia, disoccupati e anziani. Tutti terrorizzati dalla possibilità di perdere i propri risparmi laddove il default dovesse diventare realtà. E’ la logica del materasso (nel quale, secondo il folklore, i nostri avi nascondevano il denaro) che prevale su quella dei grandi istituti di credito, della finanza spietata, della valuta virtuale, da molti considerate causa del big crunch, la grande crisi di questo secolo. Un colossale buco nero che ha progressivamente divorato aziende, conti correnti e vite umane e ora si accinge a fagocitare la culla della democrazia. Nonostante l’ottimismo iniziale – si era parlato anche di accordo raggiunto e solo da formalizzare – le riunioni dell’Eurogruppo si sono concluse con altrettanti buchi nell’acqua.

La proroga per il pagamento non è stata concessa e l’ultima offerta che arriva dall’ex Troika suona come un aut aut, cui il governo Tsipras ha risposto con il referendum. Saranno i greci a decidere se accettare la proposta e quindi, di conseguenza, a stabilire se restare nell’Euro o meno. Gli ultimi sondaggi non premiano il leader di Syriza, che ha scelto la linea dura chiedendo di votare “no”, e raccontano di un fronte del “sì” in vantaggio con il 57% dei consensi. Ma nella situazione di panico e caos che scuote la penisola ellenica fare previsioni è difficile. L’unica cosa di cui si può avere il sentore è cosa potrebbe avvenire dopo il possibile default e la susseguente Grexit. Atene deve 131 miliardi al Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf), 54 agli altri Stati dell’Eurozona, 34 a investitori privati, 27 alla Bce, 21 al Fondo monetario internazionale e 15 ai detentori di titoli di Stato. Se la deadline del 30 giugno non sarà rispettata la presidente del Fmi, Christine Lagarde, ne prenderà atto formalmente e ciò farà scattare un “evento di credito” anche per l’Efsf. In questo caso, il tedesco Klaus Regling, direttore esecutivo del vecchio Fondo salva-Stati (e anche del nuovo, l’Esm) informerà il board, che proporrà una delle tre opzioni possibili. La meno probabile è una richiesta di rimborso immediato alla Grecia (la cosiddetta “acceleration”). L’altra ipotesi estrema, e quindi difficilmente percorribile, è il “waiver”, cioè la scelta di non far nulla in attesa di sviluppi. Nel mezzo c’è il “reservation of right”, vale a dire il congelamento della situazione riservando il reclamo di tutti i diritti i diritti in corso. Questo da un punto di vista tecnico.

Economicamente e socialmente sarebbe un disastro, visto che il governo potrebbe non essere più in grado di pagare stipendi pubblici e mensilità di pensioni in scadenza, lasciando milioni di persone senza alcuna fonte di reddito. Uno scenario inquietante è la fuga di capitali all’estero e la corsa dei cittadini agli sportelli bancari (cosa che peraltro sta già avvenendo). Lo spettro di un fallimento dello Stato sovrano porta, infatti, con se una mega svalutazione della moneta corrente, che per Atene significherebbe un ritorno alla Dracma. Il che spingerebbe i risparmiatori a spostare i propri avere oltreconfine. Per scongiurare questa possibilità il governo potrebbe imporre dei limiti ai prelievi, come fece l’Argentina nel default del 2001, quando fissò in mille peso al mese la quantità massima di denaro ritirabile da ogni cittadino. Infine l’esecutivo darebbe il via alla ristrutturazione del debito, chiedendo un nuovo prestito al Fmi, seguendo l’esempio di Buenos Aires. In questa fase di transizione la Grecia resterebbe isolata nel circuito della finanza internazionale in quanto ritenuta non affidabile.

Il fallimento greco, come si è visto, potrebbe portare all’uscita di Atene dall’Euro, possibilità che a Bruxelles è temuta più della peste. Mentre lo scossone di un default potrebbe essere assorbito senza troppi problemi (“non ci saranno tempeste” hanno fatto sapere tempo fa dal ministero dell’Economia italiano) la Grexit sarebbe uno scenario ben più serio. Pier Carlo Padoan ha detto chiaramente che la perdita di un partner come la Grecia dovrà essere seguita da un immediato intervento per cambiare il sistema. “Se Atene abbandonasse l’euro – ha spiegato giorni addietro il responsabile del Mef – l’Unione monetaria non sarebbe più irreversibile. Ma se ne potrebbe uscire. E ciò, nel medio periodo aggiunge una possibilità a quelle che esistono attualmente. Questo cambierebbe i prezzi, laddove ci fossero tensioni. Se entriamo in un contesto nel quale c’è una possibilità in più, quella dell’uscita dall’euro, il sistema diventa in generale più fragile e meno capace di assorbire gli choc”.

La Grexit rappresenterebbe dunque un forte incentivo per la speculazione a scommettere sul fatto che l’euro non è un vero progetto politico ma solo un’unione di cambi fissi tra i Paesi membri. Si avrebbero conseguenze immediate sullo spread tra Btp e Bund, che attualmente è a livello di sicurezza intorno a quota 120-130 punti ma potrebbe salire a quota 300 o anche più. Inevitabilmente anche il rendimento dei Btp, che ora è sotto il 2%, s’impennerebbe, facendo lievitare i costi di finanziamento del nostro Paese e dunque frenando la ripresa economica e facendo salire il debito. Uno scenario economico apocalittico che cancellerebbe una ripresa fragile, facendo sprofondare nel baratro altri Paesi. Per scongiurare questa ipotesi si continua a lavorare, affidandosi all’ultimo briciolo di speranza rimasto e alla buona volontà di chi guida Grecia, Europa e istituzioni internazionali. L’unico elemento che sembra essere mancato in questa lunga maratona verso l’abisso.