Attentato a San Pietroburgo: almeno 14 morti. L’intelligence: “Il killer è kirghizo”

L’Europa sprofonda nuovamente nell’incubo del terrorismo. A poche settimane dall’attentato di Westminster, un attacco “terrificante” ha sconvolto la città di San Pietroburgo, antica capitale degli zar e città natale di Vladimir Putin, proprio nel giorno in cui il presidente russo era in zona per l’incontro con il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. L’intelligence avrebbe individuato nella figura di un 22enne di origine kirghiza l’identikit dell’attentatore della metropolitana. Il presunto killer, di nazionalità russa, sarebbe legato ai combattenti siriani.

L’esplosione

Un vagone della linea blu del metrò è stato sventrato da un’esplosione mentre correva fra le stazioni Tekhnologicheskiy Insitut e Sennaya Ploshchad causando, secondo il governo, almeno 14 morti e 47 feriti, sei dei quali gravi. Un bilancio provvisorio che potrebbe aumentare ancora nelle prossime ore. Un secondo ordigno, mascherato da estintore, è stato rinvenuto in una terza stazione, la Ploshchad Vosstaniya, ed è stato disinnescato dagli artificieri: si trattava di una bomba ben più potente – un chilo di tritolo – di quella usata nel vagone della metropolitana ma di fattura simile, ovvero zeppa di “corpi lesivi” (biglie e chiodi mozzati) utilizzati per massimizzare l’impatto mortifero.

Gli investigatori seguono la pista islamica

Putin, che ha parlato alle tv prima del suo incontro con Lukashenko, poco dopo l’attentato, ha espresso le “condoglianze” alle vittime e ha assicurato che le autorità stanno conducendo indagini a tutto campo. Il Comitato Investigativo Russo nel pomeriggio ha confermato di aver lanciato un’indagine per “terrorismo” ma ha sottolineato che ogni altra ipotesi verrà analizzata. Le piste privilegiate, ad ogni modo, sono quella “estremista“, dunque di matrice islamica, e quella “nazionalista“. La polizia sarebbe sulle tracce di due presunti attentatori: uno avrebbe piazzato l’ordigno a bordo del treno, l’altro si sarebbe occupato della bomba-estintore a Ploshchad Vosstaniya. Stando alle ultime informazioni, il terrorista ha portato la bomba nella metropolitana di San Pietroburgo in uno zaino. Dai resti ritrovati, gli inquirenti sarebbero propensi a ritenere che l’esplosione sia stata prodotta da un kamikaze, ma le conclusioni definitive potranno essere tratte solo dopo alcuni esami.

Il presunto attentatore

Sui media è poi approdata l’immagine di colui che, inizialmente, era ritenuto uno dei due possibili responsabili, ripresa dalle telecamere di sicurezza: un uomo dalla carnagione olivastra, folta barba e copricapo nero. Insomma, l’identikit tipo dell’estremista islamico. “Un aspetto fin troppo convincente”, aveva commentato fin da subito su Facebook Gleb Pavlovsky, ex spin-doctor del Cremlino e ora critico di Putin. Una teoria in qualche modo condivisa dagli inquirenti, secondo cui potrebbe trattarsi di un “travestimento” per depistare le indagini. Qualche ora dopo, l’uomo è stato ritenuto non responsabile dell’attacco, mentre l’intelligence russa ha diramato la notizia del 22enne di origine kirghiza il quale, stando a quanto riportato dalle Forze dell’ordine, sarebbe di nazionalità russa ma legato agli ambienti dei combattenti siriani. Secondo quanto inizialmente dichiarato da Pavel Felgenghauer, esperto militare e di sicurezza, l’ipotesi più probabile è quella di un “attentato dell’Isis” benché per averne la certezza bisognerà attendere la rivendicazione. “Il timore – ha aggiunto – è che ci si trovi di fronte a uno ‘sciame terroristico’”. In quel caso le conseguenze politiche potrebbero essere “profonde”. Il presidente russo Putin, si è poi recato presso la stazione di Tekhnologicheskiy Insitut, depositando una corona di fiori.

 Una strategia per destabilizzare il Paese

Il Paese, d’altra parte, è appena stato scosso da un’ondata di proteste, in cui molti russi, in maggioranza giovanissimi, si sono scagliati contro la corruzione. “Le autorità – ha concluso Felgenghauer – potrebbero voler sfruttare l’attentato per sopprimere ogni tentativo di manifestazione e ridurre al silenzio i dissidenti“. L’ipotesi non è del tutto campata per aria. In tv si sono già udite alcune voci – come lo scrittore Alexander Prokhanov – che hanno legato l’attentato alle proteste, individuando in una misteriosa “fonte estera” la regia di entrambi gli eventi. L’obiettivo sarebbe quello di “destabilizzare il Paese” nell’anno che precede le elezioni presidenziali, previste per il marzo del 2018.

Il vertice Russia-Bielorussia

Putin, al termine dell’incontro con Lukashenko, è comparso davanti alla telecamere e ha dato un resoconto dettagliato dei negoziati avuti con il suo omologo: Russia e Bielorussia, per quanto alleati di ferro, escono da una dura diatriba sui prezzi del gas ed era importante lanciare un messaggio distensivo. Ma il presidente, in un insolito silenzio, non ha speso una sola parola sull’attentato. Dall’Italia, intanto, sono arrivati messaggi di cordoglio dal Premier Paolo Gentiloni e dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che a giorni sarà in visita ufficiale a Mosca. Al momento non si ha alcuna segnalazione di italiani che non siano in contatto con le famiglie, ma per escludere con certezza il coinvolgimento di italiani bisognerà probabilmente aspettare le prossime ore.

La condanna degli Usa

La Casa Bianca “condanna con fermezza l’attacco a San Pietroburgo“, in Russia. Così il portavoce del presidente Donald Trump, Sean Spicer, durante il briefing quotidiano con i cronisti. “Il mondo deve essere unito per combattere la violenza in ogni forma”, ha dichiarato Spicer manifestando le condoglianze dell’amministrazione americana per le famiglie delle vittime. “I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno ai feriti e al popolo russo”, ha detto il portavoce definendo l’attacco “riprovevole” e sostenendo che gli Usa sono pronti ad offrire assistenza.