Attacco chimico in Siria, 58 morti. De Mistura: “Orrore, chiarire le responsabilità”

Settanta persone, tra cui 11 bambini, sono morte e decine sono rimaste ferite a seguito di un attacco con gas tossici su Khan Sheikhun, città della provincia di Idlib, nella Siria nordoccidentale. Lo ha riferito il sito d’informazione vicino all’opposizione “Shaam”, sottolineando che 22 raid sarebbero stati condotti all’alba da jet russi Sukhoi.

Il raid

“Shaam”, considerando i sintomi riportati dalle persone colpite, ipotizza che il gas usato negli attacchi sia il cloro. Ma secondo i medici interpellati dal centro di informazione dell’opposizione che opera in zona potrebbe trattarsi di gas Sarin. Una sostanza che provoca convulsioni, bava alla bocca, restringimento delle pupille e asfissia. “Quando è stata applicata loro la mascherina all’ossigeno hanno iniziato a sanguinare dal naso e dalla bocca” ha riferito un membro del centro di informazione. Tra i feriti ci sono anche membri dei Caschi Bianchi, il corpo di volontari che rischiano la vita per salvare i civili sotterrati dalle macerie.

Orrore

Le prime immagini giunte dalla Siria sono scioccanti: gruppi di bambini seminudi, ammassati gli uni sugli altri, con le braccia rigide, gli occhi ancora spalancati e il terrore nello sguardo. Le foto mostrano file di cadaveri a terra ma anche gli ospedali con i bimbi terrorizzati, spaesati, alcuni in fin di vita, il volto coperto dalle maschere di ossigeno.

Condanna

Immediata è arrivata la condanna da parte della comunità internazionale. La Francia ha chiesto una riunione urgente al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Recep Tayyip Erdogan, nel corso di una conversazione telefonica con Vladimir Putin, ha parlato di “attacco inumano e inaccettabile”. Il ministro turco degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, ha rincarato la dose definendolo un “crimine contro l’umanità che merita una punizione e che può distruggere l’intero processo di pace avviato ad Astana”. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, condannato con forza “l’uso di armi chimiche contro civili innocenti in Siria. Quelle immagini dovrebbero sconvolgere ogni essere umano. Ci appelliamo al mondo per tenere le armi chimiche fuori dalla Siria”. Doloroso il commento di Unicef Italia: “Immagini sconvolgenti, l’umanità è morta oggi in Siria. La comunità internazionale, dopo sei anni di inferno, deve porre fine a questo calvario. Non ci sono figli di Assad e dei ribelli, sono tutti vittime di una guerra che non hanno voluto”. Durissima la presa di posizione di Federica Mogherini: “Il tema della responsabilità per quanto avvenuto nella guerra in Siria è centrale. Noi europei crediamo che le responsabilità abbiano rilevanza, quindi chi ha commesso crimini di guerra deve essere chiamato a risponderne“. Ma di chi è la colpa? Se da una parte l’osservatorio siriano per i diritti umani, vicino all’opposizione, punta il dito contro il regime di Assad, dall’altra Damasco (spalleggiata da Mosca) ribadisce di “non aver usato armi chimiche, né ora, né in passato”. Per l’inviato Onu in Siria, Staffan de Mistura, non ci sono dubbi: “L’orribile attacco è venuto dal cielo. Chiediamo, e ci sarà, una riunione del Consiglio di Sicurezza per l’individuazione della responsabilità. Non abbiamo altre conferme, l’unica cosa che sappiamo è che è stato un attacco chimico venuto dall’aria. Sappiamo anche che è stato un orrore”.

Regione chiave

Idlib è considerata una zona cruciale per l’esito della guerra civile in Siria. Nella città si sono infatti spostati i gruppi qaedisti a seguito dell’offensiva russo-siriana su Aleppo. La loro sorte, a liberazione avvenuta, è oggetto di un negoziato tra Russia e Turchia. Mosca punta allo smantellamento delle organizzazioni, mentre Ankara vorrebbe che fossero inglobate all’interno del Free Syrian Army per combattere le milizie curde e impedire la costituzione di una loro regione autonoma al confine con la Turchia. Ma le stesse forze curdo-siriane ricevono il sostegno di Stati Uniti e Russia. Tutto si gioca, dunque, attorno alle trattative tra le tre super potenze, ognuna delle quali è interessata a un particolare esito del conflitto. Washington, che in un primo momento aveva appoggiato i ribelli anti Assad, ha rivisto alcune delle sue posizioni dopo l’intervento russo e ora col cambio di amministrazione potrebbe avvicinarsi alla linea del Cremlino. Mosca, invece, punta alla vittoria del regime di Damasco, unico, secondo Vladimir Putin, a poter assicurare stabilità all’intera regione, sconvolta non solo dalla guerra civile ma anche dalla pericolosa ascesa del terrorismo di matrice islamica guidato dall’Isis.