Tra piazza e tv: il confronto si accende

Salvini “giura” da premier, Berlusconi chiama gli italiani alle urne, Renzi prima parla agli industriali poi sfila con il corteo dell'Anpi. Nel mezzo il comizio barese di Di Maio. A una settimana dal voto la campagna elettorale entra nel vivo. Il tempo di talk show e comparsate televisive sta lentamente scadendo. E' l'ora della strada e della piazza, delle parole forti e dei gesti simbolici.

Salvini

Come quello messo in scena da Matteo Salvini, che a Milano, al termine di una giornata difficile sul fronte dell'ordine pubblico, si è rivolto dal palco di piazza del Duomo ai suoi sostenitori “giurando” da presidente del Consiglio in pectore con tanto di Vangelo. “Mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo, 60 milioni di italiani – ha scandito il leader della Lega – di servire con onestà e con coraggio, di applicare davvero quanto previsto dalla Costituzione italiana da molti ignorata rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo. Lo giurate insieme a me?”. Dopo la risposta del pubblico il segretario del Carroccio ha concluso: “Andiamo a governare, riprendiamoci questo Paese”. Salvini, insomma, sembra certo della vittoria del centrodestra e nell'affermazione della Lega quale “prima forza” della coalizione. 

Berlusconi

E Berlusconi? Certo del trionfo di Forza Italia ha tratteggiato l'identikit del prossimo premier, che non coincide con quello di Salvini ma piuttosto con quello dell'attuale presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani. “Avete capito perfettamente di chi sarà il nome che Forza Italia proporrà al capo dello Stato – ha detto a TgCom24 – sarà qualcuno che ci rappresenterà benissimo in Europa”. Il presidente azzurro, dopo aver ribadito di “non avere ambizioni politiche”, ha poi agitato lo spettro dell'astensionismo.  “Io capisco il disgusto, la rabbia e la delusione di 15 milioni di italiani: è anche la mia, ma si deve intervenire per avere un governo e una maggioranza. Con meno del 50% che va a votare si mette a rischio anche la democrazia“. Poi un invito al voto utile, che per Berlusconi può essere solo quello per il centrodestra. “Io parlo agli indecisi o a chi vuole votare il Pd: la sinistra è in crisi in Italia e in Europa, non è solo colpa di Renzi. Lui tra l'altro ha il merito grande di aver tagliato con l'ideologia comunista del passato ma non è bastato e oggi il Pd è al 21 per cento e non può assolutamente sperare di puntare al 40 per cento per dare vita a un governo stabile”. L'ex premier stavolta non lo dice, ma che sia il Movimento 5 Stelle il suo principale “nemico” è del tutto evidente.

Di Maio

Di Maio sembra averlo capito e lascia partire un affondo: “Entrambi gli schieramenti gareggiano nel presentare impresentabili. A Berlusconi che dice che abbiamo imparato subito a rubare dico che noi i bonifici li facciamo alle imprese italiane, lui li ha fatti a Cosa nostra, c'è scritto nelle sentenze. Dall'altra parte sto sentendo il Pd dire che noi siamo quelli che non sanno governare il Paese, ma loro che lo stanno governando passeranno alla storia come quelli che hanno fatto leggi tremende come il jobs act e la legge Fornero”. Poi una nuova stoccata: “Renzi e Berlusconi sono giorni che dicono che se non c'è una maggioranza si va a votare. Lo sapete perché lo dicono? Avevano fatto una legge elettorale per mettersi insieme dopo le elezioni, solo che adesso il Pd ha il 20 per cento e Forza Italia il 15 quindi non hanno la possibilità di fare l'inciucio e temono di dover venire a parlare con noi per fare un governo: noi oggi siamo la prima forza politica e tra qualche giorno potremo essere il primo gruppo in Parlamento e allora o si parla con noi per fare un governo o perderanno la poltrona per tornare a votare”. 

Renzi

Più silenzioso Matteo Renzi, che prima di sfilare a Roma nella grande manifestazione antifascista si era “coccolato” Confindustria.  “Nessun governo ha fatto quello che abbiamo fatto noi per rispondere alle esigenze di Confindustria – ha spiegato agli industriali incontrati a Firenze – Napolitano mi chiamò perché la situazione era difficilissima e il governo non riusciva andare avanti con nessuna riforma. In quella dinamica se noi dimentichiamo che il primo elemento era la sfiducia dei consumatori e degli imprenditori siamo intellettualmente disonesti. Le cose noi le abbiamo fatte, gli altri le vogliono smontare”. Poi l'avvertimento: “I 5 Stelle sono il partito degli ex onesti. Se fossi in voi ci penserei due volte prima di votare un partito che ci porterebbe fuori dall'Europa“.