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SULLE NOMINE RAI L’OMBRA DEL REFERENDUM

“Questa storia del cambio di direttori nei tg Rai è tristissima e pacchiana insieme. È chiaro che l’obiettivo era rimuovere Bianca Berlinguer dal tg3″. Ci pensa il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, utilizzando il suo profilo social, a spiegare cosa sta accadendo in questa calda estate televisiva.  “E’ chiaro che i top manager Rai questo obiettivo proprio non se lo erano prefisso – continua il giornalista – tanto è vero che poche settimane fa sono stati presentati i palinsesti della nuova stagione, senza tenere conto di un possibile spazio ‘risarcitorio’ per lei. Insomma, l’ordine è venuto improvviso e da fuori. In vista del referendum? Direi proprio di… sì. Ma per non farla troppo evidente si è pensato di non sostituire solo lei. Quindi via anche Masi dal tg2, così, per compagnia, per dimostrare alla Commissione di Vigilanza che non è un fatto personale, e politico”.

Elucubrazioni? Certo è che Mentana conosce bene i meccanismi di nomine in tv, assunto proprio alla Rai nel 1980 presso la redazione Esteri, passato poi a mediaset e oggi a La7. Fatto sta che le previsioni di cambiamento si sono avverate: il Consiglio di amministrazione Rai ha dato l’ok alle nomine dei direttori dei tg. Ida Colucci è stata promossa al Tg2, dove sostituisce Marcello Masi. Luca Mazzà prende il posto di Bianca Berlinguer al Tg3, mentre Andrea Montanari va al Gr-Radio1 e Nicoletta Manzione assume il comando di Rai Parlamento. Confermati al Tg1 Mario Orfeo e Vincenzo Morgante al TgR. Sei i voti favorevoli. Contrari Arturo Diaconale, Giancarlo Mazzuca e Carlo Freccero.

I senatori del Pd Miguel Gotor e Federico Fornaro si sono poi dimessi dalla commissione di Vigilanza Rai. Le nomine Rai “sono state fatte in modo non trasparente – dicono -, penalizzando competenze e professionalità interne, come ad esempio nel caso di una giornalista autorevole quale Bianca Berlinguer, senza che emergano un profilo e una visione di un moderno servizio pubblico”. “Il Pd – aggiungono – non è nato per riprodurre i vizi del passato, ma per cambiare l’Italia e, convinti che un altro Pd sia possibile, ci dissociamo da uno stile e da un costume politico che non ci appartiene”.

A leggere tra le parole dei due dimissionari, si rivede il ragionamento di Mentana sula volontà dall’altto di cambiare le cose. “Paragonare le nomine in Rai a epurazioni di stampo berlusconiano, è una sciocchezza. Però dico anche che è lecito criticare chi ha gestito molto male questa vicenda”. comemnta a Repubblica, Matteo Orfini del Pd, che premette: “Il governo ha approvato una legge che fornisce a due manager come Campo Dall’Orto e Maggioni il potere di firmare le nomine senza passare dal rapporto con la politica. Una regola giusta, per recidere un malcostume”.

“Di solito non parlo delle singole nomine – prosegue quindi -, ma è lecito giudicare il metodo. Ecco, mi ha colpito la tempistica. Queste scelte non mi sembrano frutto di un piano di riorganizzazione dell’offerta giornalistica che anzi è stata invece presentata frettolosamente in consiglio d’amministrazione solo dopo aver deciso le nomine”. “Non penso che ci sia stata la volontà del governo di imporre o condizionare queste scelte – afferma quindi Orfini difendendo l’esecutivo -. Le hanno fatte gli amministratori. Se però in un’azienda come la Rai una come Berlinguer ritiene di aver subito un torto, significa che c’è davvero qualcosa di sbagliato. Bianca è una personalità, parla la sua autonomia”. Sul referendum, Orfini avverte: “La nostra linea per il Sì è chiara, ma sulla Costituzione non esiste disciplina di partito: no a sanzioni per i dissidenti”.

 

Mattia Sheridan

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