SPARI IN TRIBUNALE, GIARDIELLO: “VOLEVO SUICIDARMI, POI SONO IMPAZZITO”

“Mi sentivo in un tunnel. Sapevo di dover seguire quella strada. Sapevo quindi bene quello che stavo facendo e mi sentivo in qualche modo costretto a farlo”. A parlare è Claudio Giardiello, l’autore degli attacchi al tribunale di Milano dello scorso 9 aprile in cui tre persone sono state uccise, nell’interrogatorio davanti ai Pm bresciani. Quando il suo avvocato ha rinunciato al mandato l’imprenditore, dopo aver pensato al suicidio, si è trasformato in killer. “Quando Rocchetti si è tolto la toga – ha raccontato – allora ho pensato che era il momento giusto di farla finita. Per finire una vita di dolore e di sofferenza, una vita di soprusi, di avidità di persone malvagie. Allora ho preso dalla borsa la pistola ma non so cosa mi è scattato nella testa, in quel momento è stato chiamato un testimone. Dovevano chiamare una delle segretaria e invece il mio avvocato chiama proprio l’avvocato Lorenzo Claris Appiani (una delle tre vittime ndr.) e io sono impazzito. Sono proprio andato fuori di testa”.

Gli inquirenti stanno cercando di capire come abbia fatto Giardiello ad entrare in un aula di giustizia armato. “Io sono passato regolarmente dal metal detector mentre la borsa nella quale custodivo la pistola l’ho fatta passare dal Fep – ha detto – lo strumento preposto al controllo degli effetti personali. Ho pensato che se avessero individuato l’arma avrei detto che volevo suicidarmi in Tribunale e avrei spiegato il perché di quella intenzione”.

Giardiello ha affermato di non ricordare se ci fossero “guardie poste di vigilanza all’ingresso. Ricordo solo che ce n’era una vicino al metal detector dove sono passato io. Non ho memorizzato dove fossero le altre. Ero un po’ agitato e non sono stato a guardare quello che facevano loro. Non ho nemmeno il ricordo di quante fossero effettivamente le guardie di servizio in quel momento. A prescindere dal numero effettivo di guardie in quel momento in servizio, di sicuro nessuno mi ha fermato o mi ha chiesto di fare ulteriori verifiche sulla mia persona o sulla mia borsa. La mia intenzione in quel momento era di suicidarmi all’interno del Tribunale per cui nemmeno avevo interesse a denunciare il possesso dell’arma per poter mettere in pratica la mia intenzione”.