Renzi: “L’Unione Europea deve cambiare verso”

“Non vogliamo trasformare l’Ue nel nostro alibi: sappiamo che dobbiamo fare le riforme che abbiano iniziato”. Il premier Matteo Renzi è intervenuto alla riunione plenaria della Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari dell’Unione dei Parlamenti dell’Unione Europea (Cosac):  “O l’Unione cambia verso in direzione economica oppure rischia di diventare la cenerentola dei paesi globali: il mondo corre, anche se un po’ più piano e l’Europa è in una fase di sostanziale stagnazione, a crescita quasi bloccata”. E ha spiegato che: “Senza la flessibilità l’unione delle due Germanie non sarebbe stata possibile. Quella flessibilità richiesta dal 2003, fu approvata da un semestre italiano e consentì di violare quel limite del 3% in cui noi continuiamo a credere”.  Ha poi focalizzato il discorso sull’accoglienza indiscriminata che favorisce il razzismo e la xenofobia: “Dobbiamo avere regole ed il Mediterraneo non può essere un cimitero, considerato una frontiera lontana dall’Europa”.

Per il premier “l’Unione europea non può diventare solo un terreno di scontro fra ragionieri che ragionano dello ‘zero virgola’ ma deve diventare la casa della politica di tutti altrimenti nessuno avrà un futuro”. Il piano Juncker “va nella direzione giusta come metodo, finalmente sottolinea la necessità di fare investimenti ma a nostro giudizio va rafforzato e incoraggiato: c’è ancora un po’ di timidezza nell’affrontare la sfida degli investimenti”. Renzi ha giudicato positivamente il semestre di presidenza italiana anche se su alcuni dossier, come il Made in o l’accordo di libero scambio Ue-Usa “avrei voluto correre di più”. La fase di “transizione ha caratterizzato nel bilancio del semestre un rallentamento dei dossier”: “larga parte del tempo è stata dedicata allo sblocco dello stallo istituzionale” e al processo di transizione che “si conclude oggi” ha detto facendo gli auguri al presidente Tusk che “oggi diventa presidente del Consiglio europeo”.

Dopo è intervenuto anche il presidente del Senato Pietro Grasso. L’Unione europea “non ha finora espresso il potenziale politico, umano ed economico che deriva dalle nostre dimensioni, dalla nostra storia e dai nostri doveri nei confronti della comunità internazionale. Nelle due aree della nostra politica di vicinato, il Grande Mediterraneo e i confini orientali, dovremo sapere rispondere con processi politici strategici pragmatici e attenti al nostro interesse, superando per sempre l’epoca dell’attendismo e conferendo forza e sostegno, in ogni tema e quadrante, all’azione politica della nuova Alta Rappresentante e del Servizio di azione esterna. In caso contrario, il prezzo da pagare sarebbe una condanna all’irrilevanza geopolitica”.  L’Unione Europea, ha sottolineato Grasso, “o cambia, o non è”. “Quello che si avvia a conclusione – rileva Grasso – è stato un semestre complesso, segnato dal primo processo di rinnovo delle istituzioni europee dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con le elezioni del Parlamento e con l’insediamento della nuova Commissione Europea e dell’Alto rappresentante per la politica estera e di difesa, lo scorso 1° novembre. Per la prima volta, l’Unione ha un presidente della Commissione eletto dal Parlamento europeo, sulla base di una delibera del Consiglio europeo adottata tenendo conto dell’esito elettorale: un bel passo avanti sulla via del rafforzamento della legittimità democratica dell’Unione che è al centro del processo di riforma dei Trattati”.