Renzi e Grillo nei guai: i mal di pancia di Pd e M5S fanno disperare i leader

Il leader politici alle prese con i propri militanti: si potrebbe intitolare così un eventuale film sull’Italia di questi mesi. Da Grillo a Renzi, la base di partiti e dei movimenti scalpita, indipendentemente dalla collocazione politica.

Dopo l’espulsione dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna,il conflitto serpeggia fra i militanti pentastellati: l’ennesima epurazione, è stata votata sul blog di Beppe Grillo ma mai discussa in assemblea. Dopo il cambio di rotta annunciato da Grillo ma mai attuato, il blog, principale organo del movimento sta subito un crollo delle visite e delle attività mai visto in precedenza. I temi affrontati sulla piattaforma sono diventati marginali: la metà delle proposte non raggiunge i 200 commenti, mentre per una legge su quattro gli iscritti coinvolti sono meno di 100.

Un numero davvero esiguo se si confronta con i circa 100 mila militanti che vengono invitati a partecipare via mail ogni volta che sul sito arriva una nuova legge. A confermare i problemi che attanagliano il M5s sono anche i numeri ufficiali: in un anno, infatti, i testi dibattuti online sono stati 90 e appena sette sono stati realmente presentati in parlamento. Fra questi, nessuno è stato approvato. Dopo i risultati deludenti delle Regionali in Calabria ed Emilia Romagna, l’unico moto che potrebbe far rivivere il movimento è l’ipotesi di sostituzione di Grillo con un nuovo capo politico e creazione di un nuovo sito di riferimento: quando e come questo avverrà, non è dato saperlo.

Non va meglio a Matteo Renzi che, nei sondaggi elettorali della settimana scorsa, ha visto un calo sensibile della sua popolarità: il premier arretra infatti di 5 punti rispetto ad ottobre, passando dal 54% al 49%. Per la prima volta, Renzi scende al di sotto della fatidica soglia del 50%. Fra l’altro, il sondaggio sulla popolarità dei leader realizzato da Nando Pagnoncelli, vede al secondo posto Matteo Salvini, che aumenta il proprio consenso di 5 punti. Secondo le rilevazioni, il presidente del Consiglio perde consenso soprattutto presso i segmenti sociali più toccati dalle difficoltà economiche come i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti e i disoccupati, mentre si consolida il gradimento tra le persone meno giovani e i pensionati.

Per tirarsi fuori dal clima di sfiducia nei suoi confronti, Renzi ha spinto sulle riforme e chiesto un segno chiaro alla direzione del Pd: “Io chiedo – dice riunendo il parlamentino dei democratici – un voto sulla convinzione di proseguire il disegno delle riforme per capire se la direzione del partito è convinta che le riforme vadano accelerate e non rallentate”. “Il Pd, ha detto Renzi, deve “rivoltare l’Italia come un calzino senza preoccuparsi se possono cambiare i sondaggi”.

Un attacco al premier è arrivato anche dalla minoranza dem: Renzi ha nettamente respinto le accuse in merito alle ultime regionali: “Respingo la tesi che l’astensionismo in Emilia Romagna derivi dalla disaffezione per il jobs act. È una lettura superficiale, parziale e discutibile. L’astensione – ha spiegato il presidente del Consiglio – è impressionante, ma la lettura che do dell’astensione è molto più ampia. Ci deve preoccupare il risultato di una scarsa credibilità dell’istituzione Regione”.