“Nel mio partito c’è chi pensa che dopo il 40,8% alle Europee si possa continuare con un ‘facite ammuina’ per cui non cambia niente e Renzi fa la foglia di fico: sono cascati male, ho preso questi voti per cambiare l’Italia davvero”. Lo ha detto Matteo Renzi, intervistato dal Tg2. Il premier ha attaccato nuovamente la minoranza del Pd che aveva criticato la riforma del lavoro (in particolare quella dell’art. 18 della legge 300 del ’70) proposta dal governo.
Sul merito del Job Act il presidente del Consiglio ha detto che “servono nuove regole semplici per gli imprenditori e in grado di garantire chi perde il posto di lavoro. Attualmente in Italia è come se ci fosse la serie A e la serie B dei lavoratori”. Le dichiarazioni del leader Democrat hanno provocato la reazione dell’opposizione interna. A partire da Gianni Cuperlo, che di Renzi fu sfidante alle primarie poi vinte dall’attuale inquilino di Palazzo Chigi. “La delega sul lavoro è ancora troppo vaga – ha replicato l’ex presidente del Pd – Chi fa il segretario e il premier ha il dovere di indicare il percorso. Non possiamo accettare una discussione strumentalizzata per dividere il Pd tra innovatori e conservatori o minacciare decreti”.
Piccato anche Pierluigi Bersani. “Con la mia storia conservatore no, non posso essere accusato di esserlo – ha detto l’ex ministro – vecchia guardia posso accettarlo ma più vecchia guardia di Berlusconi e Verdini chi c’è. Vedo che loro sono trattati con educazione e rispetto, spero che prima o poi capiti anche a me”.
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