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Jobs Act: l’emendamento del Governo prevede il “reintegro per specifici casi disciplinari”

L’emendamento al Jobs Act presentato dal Governo in Commissione Lavoro alla Camera prevede che il diritto al reintegro nel posto di lavoro ci sarà solo per i licenziamenti cosiddetti nulli e discriminatori e “a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato”. Per quanto riguarda invece i licenziamenti economici viene esclusa la possibilità del reintegro e si è previsto “un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio”.

Questo emendamento ha prodotto commenti positivi dal Nuovo Centrodestra e dalla minoranza del Pd. Cesare Damiano, Presidente della Commisione Lavoro ha commentato:”Sono molto soddisfatto della riformulazione sul tema dell’articolo 18 che conferma i contenuti dell’accordo che abbiamo sottoscritto con il governo”. Per quanto riguarda le tempistiche il calendario dei lavori alla Camera prevede che la discussione sul Jobs Act si concluda entro il 26 novembre.

Secondo Maurizio Sacconi “il governo ha indicato correttamente la formulazione concordata che esplicitamente individua nell”indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio”. Sacconi aggiunge che “vi è l’intesa che le fattispecie previste per i licenziamenti dovranno essere disegnate in modo così circoscritto e certo da non consentire discrezionalità alcuna al magistrato, in modo che i datori di lavoro abbiano quella prevedibilità dell’applicazione della norma che li può incoraggiare ad utilizzare i contratti a tempo indeterminato. Ora dobbiamo fare presto”.

Da Bari arriva anche il commento della segretaria della Cgil, Susanna Camusso: “Come sempre per poter dare delle valutazioni concrete bisognerebbe vedere dei testi. Mi pare però che ci sia un sostanziale accanimento rispetto all’idea che bisogna ridimensionare sempre di più la funzione dell’articolo 18”. Inoltre, “quella modalità con cui lo si sta definendo fa venire meno l’inversione dell’onere della prova e carichi sul lavoratore anche la necessità di provare di essere stato discriminato. Quindi ci pare difficile dare un giudizio positivo”.

Davide Chiossi

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