Costa poco e gli oggetti acquistati arrivano direttamente a casa. Comodo sì, ma anche eccepibile per le condizioni lavorative dei suoi funzionari. È Amazon, colosso dell'e-commerce finito al centro delle polemiche in queste ore, proprio alla vigilia e nel giorno del cosiddetto “Black Friday” (venerdì nero), giornata dedicata agli sconti per alimentare i consumi.
Dalle prime ore dell'alba a Castel San Giovanni (Piacenza), dove si trova lo stabilimento logistico dell'azienda, sta avvenendo la protesta sindacale. Picchetti con decine di lavoratori sono presenti davanti ai cancelli. Secondo i sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl l’adesione è “soddisfacente“: circa il 50% al primo turno di lavoro. L’azienda invece la stima al 10%. Il livello di adesione non è calcolabile in base all'efficienza delle consegne odierne, perché l'azienda sta sopperendo ai lavoratori interni scioperanti attraverso gli interinali. Nei capannoni grandi come undici campi da calcio lavorano 1600 assunti e 1600 precari spalmati su tre turni.
Amazon ha chiuso l'ultima trismestrale con un astronomico più 34%, un balzo impressionate. Gli affari non corrispondono però alla soddisfazione da parte di gran parte dei dipendenti dell'azienda. Ritmi di lavoro eccessivamente serrati, controlli molto rigidi da parte dei responsabili, sarebbero causa di infortuni e altre patologie, come problemi alla schiena, alle articolazioni, stress e attacchi di panico. A ciò si va a sommare una retribuzione che i lavoratori vorrebbero migliore. La paga media – sostengono alcuni organi di stampa – sarebbe di 1.450euro lordi al mese, il minimo sindacale. L'azienda avrebbe inoltre rinunciato ad aprire una trattativa diretta con i sindacati, limitandosi a proporre un bonus ai dipendenti per il periodo natalizio.
La situazione sarebbe analoga in Francia e Germania, dove si trovano gli altri centri logistici di Amazon. “Il sindacato europeo – spiega Francesca Benedetti, segretaria Fisascat Cisl di Piacenza – ci ha comunicato che anche i 9 siti Amazon in Germania si sono uniti alla nostra protesta e quindi stanno praticamente bloccando la produzione”. Un segnale importante per i sindacati perché dà più valore alla protesta e fa capire che “non è solo il sito di Castel San Giovanni che ha problemi con questa azienda che condiziona la vita delle persone e crea delle condizioni di lavoro che non sono assolutamente compatibili con la nostra cultura fatta di tutele“.
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