Il governo che verrà…e i retroscena

Sarà tecnico o politico? Balneare o duraturo? E, poi, quando si vota? In estate (“eh ma come si fa con le ferie…”) ? In autunno (“L'Iva, l'Iva. Rischiamo l'aumento dell'Iva!”)? Domande che dai social media rimbalzano nei talk show e viceversa. Non c'è opinionista, commentatore o anima pia che sia in grado di interpretare cosa stia avvenendo nelle segrete stanze della politica.

Caos

Colpi di scena e improvvisi cambi di fronte. Strategie e promesse. Alleanze che si dissolvono e intese che si materializzano. Sullo sfondo il forcing operato dai mercati, che fibrillano in un quadro di profonda instabilità. Nel mezzo Sergio Mattarella, arbitro-giocatore di una crisi mai vista in oltre 70 anni di storia repubblicana. 

Il giallo

L'ultima puntata di questa straziante soap alla sudamericana (chiediamo venia a Matteo Renzi per aver mutuato la sua definizione) si è svolta martedì sera al Colle. Proprio quando il governo tecnico guidato da Carlo Cottarelli avrebbe dovuto prendere forma, il premier incaricato non si è presentato ai giornalisti per leggere la lista dei ministri. Poco dopo il portavoce del Quirinale, Grasso, ha provato a chiarire: “Si è trattato di un incontro informale per fare il punto della situazione. Non sono autorizzato a dirvi altro”. Gli interrogativi hanno trovato parziale risposta solo ieri, quando Cottarelli, nel frattempo tornato a Colle per un nuovo faccia a faccia, ha fatto sapere di essere in attesa di sviluppi sulla possibilità di un “governo politico”. Cioè un ritorno in auge dell'esecutivo giallo-verde sonoramente bocciato domenica scorsa da Mattarella per la presenza, al Mef, di Paolo Savona, economista eurocritico che nella valutazione del capo dello Stato avrebbe fatto aumentare le pressioni dei mercati. 

Tecnici in crisi

Già, i mercati. Convitato di pietra di questa incredibile partita. Inutili sono state le rassicurazioni di Cottarelli su crescita e conti pubblici: lo spread ha continuato a crescere sfondando quota 320 punti. Sarà stato questo a rallentare la sua corsa verso Palazzo Chigi? Forse. Ma vanno tenuti presenti anche altri aspetti. Il primo, da cui discende anche il secondo, è dato dalla totale inutilità dell'intera operazione. Che senso ha presentarsi alle Camere con la certezza di non ottenere la fiducia? Si rischia di fare brutta figura e, soprattutto, di farla fare al Paese. Mattarella, è evidente, non è riuscito a stimolare lo stesso senso di responsabilità emerso nel 2011, quando la gran parte delle forze politiche dell'arco parlamentare sostennero ob torto collo l'operazione di salvataggio messa in piedi dal duo Napolitano-Monti. Così si sono moltiplicate le defezioni nella squadra che Cottarelli avrebbe voluto proporre (una su tutte: quella di Raffaele Catone), rendendo ancor più difficile il lavoro di mr. “Mani di forbice”. C'è poi il desiderio, mai sopito, del capo dello Stato di un governo politico che allontani le elezioni. Così, Mattarella, registrato il rasserenarsi del clima (specie latu 5 Stelle) dopo il “gran rifiuto” a Savona ha messo in ghiacciaia l'esecutivo tecnico.

Breve ma intenso

Stessa sorte toccata, per qualche giorno, a Giuseppe Conte. Il prof. è tornato nell'ombra del suo lavoro accademico dopo aver goduto per qualche giorno delle luci della ribalta. Ci ha provato. Aveva assicurato a Mattarella che avrebbe provato a far ragionare Salvini e Di Maio sull'affaire Savona. Niente da fare. Con dignità ha lasciato il passo. In pochi giorni da politico ha conosciuto i lati peggiori di questo complicato lavoro: il fango, gli insulti, la ressa che non ti lascia respirare. Se c'è una cosa che ci prendiamo della sua breve esperienza da premier incaricato è l'eleganza, il parlare forbito, le dotte citazioni della Costituzione. 

Leader silente

Il naufragio del suo governo ha portato a un repentino innalzamento dei toni. Per fortuna, dopo le minacce di impeachment e l'annuncio della contromanifestazione pentastellata in occasione del 2 giugno, è arrivata la lettera di Beppe Grillo. Un post stranamente prudente quello comparso sul blog personale del comico genovese. Grillo, in sostanza, ha invitato alla calma e nell'inedita veste di buon padre di famiglia ha scritto: “L’establishment è riuscito a bloccarci? Ok, fa parte del gioco! (…) Mattarella ha intortato le cose oppure ha fatto lo sgambetto alla democrazia? Lo vedremo, ma quello che invece è sicuro riguarda il cuore della contesa: c’è chi vuole vivere inginocchiato alle ragioni della finanza e dei suoi azzardi e chi non lo vuole. C’è chi vorrebbe continuare a consegnarci alla speculazione e chi no, neppure importano le ragioni oscure e recondite che portano i primi a comportarsi così”. Tutto questo, spiega, è il gioco della politica: “ll confronto fra interessi diversi combattuto con mezzi diversi dalla violenza, dopo avere denudato la casta questo era il nostro obiettivo più importante: un paese che tornasse a porsi i temi che contano per il suo futuro”. M5s, insomma, per il suo fondatore ha già raggiunto il suo obiettivo: restituire alla politica il suo vero ruolo. Da qui, probabilmente, il cambio di passo di Di Maio, che la sera stessa si è detto disponibile a collaborare col capo dello Stato.

L'ex Cav

Ma c'è un altro leader silente che sta partecipando alla partita: Silvio Berlusconi. Lo avevamo lasciato a contare con le dita i punti del programma di centrodestra dopo il primo giro di consultazione al Colle. Scenetta che aveva fatto infuriare tanto Giorgia Meloni che Matteo Salvini. Forza Italia (l'altra illustre sconfitta della tornata del 4 marzo), continua però a giocare un ruolo importante, specie ora che il suo presidente è tornato candidabile. Berlusconi è convinto che il flop elettorale sia dovuto proprio al fatto che il suo nome non fosse presente nella lista. Una sua ri-discesa in campo (a che numero siamo arrivati?) potrebbe dare agli azzurri nuova linfa. Quindi ok al voto, ma non subito. Perché anche lo sprint generato dal ritorno dell'ex Cav ha bisogno di tempo per consolidarsi e poi crescere. Berlusconi, probabilmente, non recupererà il terreno perduto rispetto a Salvini ma può comunque riequilibrare il match interno. E dentro il centrodestra lui ci tiene a giocare il ruolo del moderato europeista, potendo contare anche sulla sponda offerta dal “suo” Antonio Tajani, presidente dell'Europarlamento che avrebbe voluto come premier se il Carroccio non avesse fatto strike con gli alleati. Con Salvini non sboccerà mai l'intesa avuta in passato con Umberto Bossi (col quale ci fu solo l'incidente del 1995). Si sta insieme per necessità, anche per non perdere quel patrimonio di regioni amministrate in coabitazione. Forse per quello il giovane segretario leghista si astiene dal rompere l'alleanza per creare un fronte sovranista insieme ai 5 Stelle. 

Che fa Renzi?

Abbiamo volutamente tenuto fuori il Pd, di nuovo alle prese con la faida interna. teoricamente retto da Maurizio Martina, ma in realtà teleguidato da Matteo Renzi, che ha stoppato sul nascere il dialogo con il M5s avviato dalla mediazione di Roberto Fico, esautorando il suo stesso reggente. L'ex segretario è tornato a parlare di schieramento contrapposto a quello formato da leghisti e grillini. Ma chi ne farà parte? Leu? I transfughi di una morente Forza Italia in una riedizione del Patto del Nazareno che si trasformi in un esperimento stile “En Marche”? Staremo a vedere. Per il Pd resta in panne e rischia l'ennesima, stavolta fatale, disgregazione.  

Moral suasion

Eccolo qui il quadro complesso. La matassa aggrovigliata di rapporti e convenienze che impedisce alla XVIII legislatura di entrare nel vivo. Ci ha pensato almeno la Cei a esercitare quel minimo di moral suasion necessaria per ricordare che in gioco ci sono gli interessi del Paese. “Mai come in questi giorni c'è assoluto bisogno – ha scritto il Presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti – di rispettare la volontà popolare e tutte le istituzioni civili che rappresentano l'architrave insostituibile della nostra democrazia: dalla più elevata, il Capo dello Stato, alla più rappresentativa, il Parlamento”. 

La rete

Gli italiani, intanto, guardano e cercando di raccapezzarsi, poi si rifugiano sui social e scrivono, litigano, si confrontano. Nell'agorà virtuale non manca l'inciviltà di chi augura il peggio a Mattarella per il no a Savona. E c'è anche chi si improvvisa costituzionalista, postando la foto di manuali di diritto per spiegare le prerogative presidenziali nella scelta di premier e ministri. Tutti ad arrovellarsi il cervello tra articoli 90-92-95 e così via. Dateci retta: mollate il mouse e mettetevi in attesa davanti alla tv. Sono gli stessi protagonisti a non capire quello che sta succedendo. Figuriamoci noi…