Un nome, un programma. Si chiama “Etichetta Day” l'evento organizzato ieri, domenica 24 febbraio, da Coldiretti presso il Circo Massimo di Roma per sollecitare la politica ad obbligare le aziende a rendere sempre più riconoscibile la provenienza dei prodotti alimentari sulle etichette. Una sollecitazione ha raccolta il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, presente all'evento, che ha assicurato che è pronto un disegno di legge in tal senso. Ma dall'Europa c'è chi storce il naso: sono gli industriali alimentari, che hanno chiesto a Bruxelles di fermare simili tentativi di difendere i prodotti nazionali.
Di Maio al Circo Massimo ha definito “una rivoluzione dell’etichettatura” quella che intende portare avanti il governo e – aggiunge – “che sarà aiutata anche dalle nuove tecnologie come la blockchain. C’è una norma che è già legge dello Stato e che abbiamo inserito all’interno del decreto Semplificazioni: i cittadini dal 2019 avranno il diritto di sapere da dove vengono i prodotti che acquistano. Dovrebbe essere una cosa normale – ha aggiunto il ministro Luigi Di Maio – invece siamo qui a festeggiarlo perché è una norma fondamentale che l’Italia aspettava da tanto tempo e che ci mette al primo posto in Europa”. Secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, è necessario tracciare tutta la filiera e “va anche tolto in Italia il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati in situazioni di emergenza sanitaria che si ripetono sempre più frequentemente”.
Ma c'è chi dice no. E si tratta delle industrie alimentari, che hanno consegnato un rapporto di rappresentanza del settore FoodDrinkEurope sulla prossima legislatura Ue (2019-2024). Le industrie vorrebbero tutelare il mercato interno dei prodotti alimentari fermando la proliferazione di schemi di etichettatura nazionali (come semafori e origine), evitare la ri-nazionalizzazione degli aiuti diretti della politica agricola comune e negoziare un periodo di transizione lungo per la Brexit. Il documento incoraggia i legislatori a dare maggiore risalto al settore alimentare anche nell'architettura delle istituzioni, con la creazione di una direzione generale per l'alimentazione nella Commissione europea e un intergruppo dedicato all'alimentazione nel Parlamento europeo.
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