Bannon attacca la Cina: “È un regime rapace”

Ironia della sorte: oggi si sono trovati contemporaneamente a Roma sia Steve Bannon, ex capo stratega di Donald Trump, sia il presidente cinese Xi Jinping. La guerra fredda è materia da storici, ma Bannon e Xi rappresentano a tutti gli effetti due grandi poli geopolitici contrapposti: gli Stati Uniti del nuovo corso “America first”, isolazionista e conservatore, e la Cina che vuole estendere la sua influenza in tutto il pianeta volando su ali di cibernetica. Per adottare uno schema forse un po’ grossolano ma efficace: Washington è il simbolo dell’arrembante sovranismo che tanto breccia sta facendo in Europa, Pechino della globalizzazione dei mercati caldeggiata al Forum di Davos.

Bruxelles contro gli Stati nazione

È uno schema che si evince dai discorsi più articolati che Bannon ha pronunciato nel pomeriggio in una conferenza presso la Biblioteca Angelica, ospite di Lettera22, associazione di giornalisti che si definiscono “in lotta contro la dittatura del politicamente corretto”. Lo stratega americano ha speso suggestive parole di elogio nei confronti dello storico luogo in cui si trovava, uno scrigno di cultura cristiana che ha contribuito a formare le radici dell’Occidente. Radici che – ha avvertito – sono oggi messe in pericolo. Lo sguardo di Bannon si è rivolto alle prossime elezioni europee del 26 maggio, nel corso delle quali si affronteranno due visioni agli antipodi: quella dei sovranisti, che vogliono preservare l’idea di Stato nazione consegnata al mondo dalla Pace di Westfalia, e quella di chi auspica la creazione degli Stati Uniti d’Europa, un enorme agglomerato capace di erodere anche quel poco di sovranità nazionale rimasta agli Stati membri considerandoli meri “distretti amministrativi”. A tal proposito, Bannon considera “un esperimento nobile” il governo italiano Lega-5Stelle, in grado di sfidare “i poteri di Bruxelles” e la Bce “dimostrando che persone provenienti da percorsi politici diversi possono trovare un compromesso”. È come se Trump – la sua riflessione – collaborasse con il socialista Bernie Sanders. Lo stratega americano ha lodato l’attuale esecutivo italiano il quale, benché “non perfetto”, ha attuato “misure a vantaggio della popolazione” come “flat tax e reddito di cittadinanza”. Questa sfida italiana si pone ora come un modello per le europee.

“Xi Jinping salvatore della globalizzazione”

Ma Bannon ha invitato a guardarsi non solo dalle istituzioni di Bruxelles, bensì soprattutto dalle mire espansionistiche di Pechino. Le radici d’Occidente rischiano di venir bruciate dal fuoco del Drago cinese. “Xi Jinping non è qui per un porto sull’Adriatico”, ha sentenziato Bannon riferendosi alla firma che il presidente cinese è in procinto di siglare con l’Italia sulla “Nuova Via della Seta”. Secondo lo stratega “i cinesi hanno una strategia rapace di dominio del mondo”. In che modo? Essi – ha aggiunto – “vogliono disgregare gli Stati nazione” istituendo “un sistema manifatturiero dove tutti i Paesi saranno fornitori di materie prime o componenti, oltre che di mercati” in cui vendere quegli stessi prodotti assemblati. Alleato di Xi è il Forum di Davos, dove il presidente cinese – ha ricordato Bannon – è andato di recente ed “è stato salutato come il salvatore della globalizzazione” dalle grandi multinazionali, dalle istituzioni finanziarie e dalle banche d’investimento. E questa sorta di “salvatore della globalizzazione” ha in Huawei il suo “braccio”. Bannon agita sinistri scenari: “Tutte le aziende che useranno i sistemi Huawei saranno sottoposte al controllo dell’esercito cinese” e la tecnologia 5G sarà “il cavallo di Troia cinese nel cuore dell’Occidente, per accaparrarsi i nostri dati usandoli come armi contro di noi”. Tornando quindi all’accordo Roma-Pechino, Bannon ha quindi ritenuto fondati gli scrupoli di Matteo Salvini, che ha detto di voler “studiare almeno cento volte” i dossier prima di dare il via libera. Il guru americano dei sovranisti ha quindi invitato gli italiani ad informarsi sul “modello predatorio cinese” chiedendo “a chi vive in Malesia, nello Sri Lanka, alle Maldive, nell’Africa subsahariana come sono andate le cose”, cioè quali effetti avrebbero avuto sulle popolazioni gli accordi con la Cina.

Vaticano e Russia

Un accordo con Pechino è stato firmato nel settembre scorso pure dal Vaticano. Bannon non lesina forti critiche, in quanto – la sua osservazione – il documento “ha conferito alle frange più radicali del governo cinese la facoltà di selezionare i vescovi all’interno della Chiesa cattolica cinese”. Di qui il suo elogio nei confronti del card. Zen, molto scettico al riguardo. Bannon, che si dice cattolico praticante, chiede quindi a Papa Francesco di “rendere pubblico” l’accordo con Pechino. Sollecitato da una domanda, Bannon ha parlato infine della Terza Roma, ossia Mosca. La sua speranza è che, prima o poi, anche la Russia si unisca in una sorta di asse anti-cinese. Ai tempi di Reagan – ha detto – “ero un ufficiale di marina in servizio in un cacciatorpediniere che dava la caccia ai sottomarini russi”, ma ora i tempi sono cambiati. Già, la guerra fredda non c’è più. O forse ha solo cambiato il nome di uno dei due protagonisti.