La Turchia ha ordinato la censura di Twitter, Facebook e Youtube, una misura radicale voluta dalle autorità per impedire la circolazione delle foto che immortalano l’uccisione del procuratore Mehmet Selim Kiraz. Ed è così che la stampa indipendente del Paese si scaglia contro la “democrazia dimezzata” che ha bloccato l’accesso ai social per costringere le grandi piattaforme della comunicazione a oscurare siti e account che diffondevano le immagini dell’attentato consumato al settimana scorsa a Istanbul.
Secondo il quotidiano “Cumhuriyet”, la Turchia del presidente islamico Recep Tayyip Erdogn ha imposto “il maggiore black-out” che ci sia mai stato fin’ora. Il giornale “Birgun” ha invece sottolineato che in vista delle cruciali elezioni politiche del 7 giugno il Paese si avvia verso “il caos e la censura”, Yurt titola “gigantesca censura”, e Taraf rileva che come aveva promesso Erdogan l’anno scorso, Ankara “sradica twitter”. E se il provvedimento del governo ha colpito principalmente i social, anche la stampa non è stata risparmiata: 7 quotidiani critici con il governo islamico sono stati incriminati per presunta “propaganda del gruppo terroristico” dopo che avevano pubblicato le foto del sequestro.
Il pm Kiraz era stato preso in ostaggio da due membri del gruppo di estrema sinistra Dhkp-C per vendicare l’uccisione da parte della polizia di un ragazzo durante le proteste di Gezi Park. Attualmente l’opinione comune è divisa tra chi, come nel governo, afferma che il magistrato sia stato ucciso dai suoi sequestratori e chi invece attribuisce la sua morte all’intervento delle forze speciali. Si attendono per ora i risultati dell’autopsia che
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