Thailandia: traffico illegale di migranti dal valore milionario

Spesso quando si sente parlare della Thailandia viene in mente un paradiso tropicale che nasconde, nemmeno troppo bene, una tremenda verità, infatti nel Paese lo sfruttamento è all’ordine del giorno: pescatori costretti a turni di lavoro massacranti, privi di qualsiasi tutela legale, minori provenienti in particolare dal Laos obbligati a prostituirsi o a mendicare denaro nei centri turistici, e, ancora, i membri delle tribù montane del nord utilizzati nell’accattonaggio. Infine i Rohingya, una minoranza musulmana a cui il governo non concede lo status di cittadini sono una delle etnie al mondo più sfruttate e vittime della tratta di esseri umani.

Il gruppo etnico più di ogni altro è soggetto a violenze, vessazioni e traffico illegale. Originari di Rakhine, abbandonano il loro Paese, dove i loro diritti sono negati, in cerca di asilo politico. La Thailandia, nella maggior parte dei casi è tappa obbligata del loro percorso. I profughi vengono presi, anche da alti funzionari, e venduti agli aguzzini che li tengono in condizioni di semi-schiavitù, costringendoli a lavori forzati nei campi, nei pescherecci nelle fabbriche. I padroni sequestrano i documenti e costringono gli sfolallati a ripagare un prezzo altissimo per poter continuare il loro viaggio della speranza.

La mancanza di norme e la negazione dei diritti di base ai Rohingya ha originato una tratta dal valore milionario: facendo riferimento ai dati relativi al 2014, a fronte di 53mila persone finite nel racket del commercio illegale a un costo di 1700 dollari per singolo individuo, si viene a determinare una somma complessiva di 84 milioni di dollari. Gli attivisti impegnati nella difesa dei diritti della minoranza musulmana spiegano che è essenziale restituire dignità e valore al popolo, perché non sia solo oggetto di sfruttatori e trafficanti senza scrupoli.