SIRIA: USA “TERGIVERSANO” E BLOCCANO I CURDI

L’accusa è grave. Washington starebbe “tergiversando in merito alla strategia da adottare in Siria”, impedendo a “circa 25mila combattenti curdi, posizionati a poche dozzine di miglia da Al-Raqqa, la capitale dell’auto-proclamato Stato Islamico” di raggiungere “il santuario dell’estremismo”, in attesa di autorizzazione. A lanciarla, sull’autorevole “Washington Post”, è una firma prestigiosa del quotidiano statunitense, David Ignatius, esperto di Medio Oriente.

Il titolo, significativo, dell’articolo pubblicato ieri, è: “I ritardi della Casa Bianca paralizzano i migliori alleati nella lotta contro lo Stato Islamico”.

Da settimane, i veterani curdi delle Unità di protezione popolare (Ypg) sarebbero fermi a poche miglia dalla città, nel sud della Siria, dopo aver liberato Kobane ed essere, così, avanzati nel territorio controllato dal Califfato.

Secondo fonti governative, questa situazione di “analisi-paralisi” sarebbe dovuta all’intervento della Russia in sostegno delle truppe del presidente siriano Assad, che avrebbe “complicato” il quadro, anche per i delicati rapporti diplomatici con la Turchia, coinvolta nelle operazioni militari statunitensi. Ankara sembra, però, “impegnata più a colpire le posizioni e le forze curde, che quelle dei tagliagole dell’Isis”. I combattenti curdi sono, invece, insieme agli arabi sunniti, “gli alleati più affidabili della coalizione guidata dagli Stati Uniti in Siria” e l’unica “opposizione moderata” in grado di contrastare lo Stato Islamico. Per Ignatius, sostenerli dovrebbe essere una “scelta scontata”.

Nelle nebbie della confusa situazione politica, l’unico obiettivo condiviso da tutti gli attori in gioco  ̶  Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran, Arabia Saudita, Giordania e il regime siriano  ̶  è quello di sconfiggere lo Stato Islamico”, scrive l’opinionista. Con l’aiuto ai curdi siriani, dovrebbe essere “un gioco da ragazzi”.

Sulle pagine dello stesso quotidiano, un articolo di Karen De Young, annunciava, sabato scorso, una prossima “correzione” nella Strategia di sicurezza nazionale della Casa Bianca per la Siria, con un incremento delle forze combattenti, sia locali che statunitensi.