L’OSCE DENUNCIA: IN UZBEKISTAN ELEZIONI SENZA OPPOSIZIONE

Non hanno destato sorprese i risultati delle edizioni in Uzbekistan: con il 90,39% Karimov, alla guida del paese dal 1989, si è garantito il quarto mandato di cinque anni alla guida del Paese, il terzo con la nuova costituzione, dopo un voto che ha avuto un’affluenza del 91%. Una missione di osservatori Osce ha però rilasciato un comunicato fulminante, affermando che il presidente uscente non aveva alcun diritto di candidarsi: “Nonostante un chiaro limite costituzionale di due mandati consecutivi,-  ha dichiarato ai giornalisti Tana de Zulueta, capo della missione – la commissione elettorale centrale ha registrato come candidato Karimov”, aggiungendo che i media, sotto stretto controllo dell’esecutivo “hanno dato al leader un chiaro vantaggio”. La figura del presidente ha dominato infatti un panorama politico senza una vera opposizione, dato che gli altri tre candidati appoggiavano la campagna di Karimov.

Altro tono è stato usato dagli osservatori della Sco, l’organizzazione per la cooperazione di Shangai, di cui l’Uzbekistan fa parte insieme alla Russia, Cina e altri Paesi centro asiatici, secondo i quali il voto è avvenuto in maniera “aperta e democratica”, nel rispetto “degli obblighi internazionali accettati del Paese”. La rielezione del presidente è seguita a una campagna sottotono, incentrata sul bisogno di stabilità per i 30 milioni di abitanti.

Anche lo stesso Vladimir Putin si è congratulato con Islam Karimov per la vittoria alle presidenziali. Il leader, si legge in una nota del Cremlino, “ha preso atto che i risultati delle elezioni confermano l’elevato livello di supporto” di cui gode il politico, e il “riconoscimento dei suoi servizi come presidente”. Putin ha osservato anche il grande contributo personale dato da Karimov per rafforzare l’alleanza e il partenariato strategico tra i due Paesi e ha aggiunto che spera di continuare il dialogo e la cooperazione in materia di sviluppo in tutti i settori delle relazioni bilaterali e di proseguire il lavoro congiunto sulle questioni regionali e internazionali.