C'è aria di rientro per il contingente americano di stanza in Siria, nella zona nord-orientale. Questa, almeno, la sensazione che filtra da oltreoceano, con il Wall Street Journal che, citando alcune fonti dell'esercito, ipotizza che nei prossimi mesi potrebbe essere avviata la smobilitazione. La decisione sarebbe stata vagliata dallo stesso presidente Donald Trump, il quale ne ha dato conto attraverso un post su Twitter in cui ha ribadito che l'Isis in quella zona della Siria è stato sconfitto e che la presenza dei miliziani di Daesh era “l'unica ragione per essere lì”. Ma, come sempre in questi casi, qualche difformità fra amministrazione ed establishment militare sembra esserci: il Pentagono infatti, come riferito dal New York Times, starebbe tentando di scoraggiare il Tycoon nell'adottare questa iniziativa se non altro perché, in caso di ritiro, lascerebbero scoperte le postazioni degli alleati curdi i quali, in tal modo, resterebbero esposti a una potenziale offensiva turca.
Circa 2 mila soldati sono stati impiegati nella lunga lotta contro il sedicente Stato islamico ma, a quanto pare, l'epurazione dai gruppi fondamentalisti di quella zona non sarebbe ancora terminata. Dal Pentagono si era parlato di “una fase due” della campagna, senza che fossero però rivelati ulteriori dettagli. L'unica notizia diramata dalle forze militari statunitensi riguarda la possibile (anzi, probabile) presenza di ulteriori sacche di combattenti di Daesh proprio nella zona nordorientale della Siria, a combattere le quali, in caso di ritirata, resterebbero solo le insufficienti forze curde. Al momento, tuttavia, dal Pentagono non è stato specificato in cosa consisterà la nuova fase delle operazioni in Siria per motivi di sicurezza e protezione”, mentre dalla Casa Bianca ci si è detti “pronti a impegnarsi a tutti i livelli per difendere gli interessi americani ogni volta che è necessario, e continueremo a lavorare insieme per negare il territorio dei terroristi islamici radicali, finanziamenti, sostegno e ogni mezzo per infiltrarsi nei nostri confini”.
Nonostante le dichiarazioni di Trump parlino di un Isis sconfitto in Siria e di un ritiro delle truppe in vista, sia le analisi del Pentagono che quelle di alcuni dei suoi funzionari avrebbero dimostrato che, nel territorio, continuano ad agire gruppi di miliziani e che la radice del fondamentalismo è tutt'altro che estirpata. Solo alcuni giorni fa, infatti, l'inviato speciale per la Coalizione globale contro l'Isis, Brett McGurk, aveva parlato dal Dipartimento di Stato affermando che “nessuno sta dicendo che i combattenti Isis stanno per scomparire, nessuno è così ingenuo, quindi vogliamo restare sul campo e assicurarsi che la stabilità possa essere mantenuta in queste aree”.
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