Brexit, mesi decisivi per May

Non ci sarà nessun nuovo referendum per decidere se sarà Brexit o no. Su questo punto la premier britannica,Theresa May, è stata categorica: “Sarebbe un tradimento della nostra democrazia”. Le voci che volevano la possibilità di chiamare nuovamente al voto i cittadini britannici, dunque, sembra più essere una preoccupazione da separazione (il mese di marzo è sempre più imminente) che una reale possibilità politica. E, per la leader Tory, non reggono nemmeno le teorie (alimentate dall'ala oltranzista dei Conservatori) che vogliono il governo del Regno Unito troppo “aperto” verso Bruxelles. Anche su quest'altro punto May chiude le porte: “Non farò compromessi che minacciano l’interesse nazionale del Regno Unito”.

Bivio Brexit

Tornata da poco dal suo viaggio in Africa (Sudafrica, Nigeria e Kenya), la premier della Gran Bretagna riapre subito la sua agenda politica dopo la pausa estiva, iniziando nuovamente i lavori per una separazione dall'Unione europea che sarà probabilmente il banco di prova decisivo, per lei e per il suo governo. Al 29 marzo mancano ormai pochi mesi e, in questo breve lasso di tempo, May deve necessariamente trovare l'intesa con Bruxelles che garantirebbe un addio senza rancore, cosa che invece provocherebbe una separazione senza accordo, il cosiddetto “no deal”. Altra data limite, l'eurosummit del prossimo ottobre, al quale il Regno Unito vorrebbe arrivare con il “sì” già in tasca anche perché, considerando i tempi necessari alla ratificazione dell'accordo, concludere tutto entro novembre sarebbe l'ideale per una planata tranquilla fino al 29 marzo.

Partito diviso

Le insistenti voci su un nuovo referendum, a ogni modo, un minimo di agitazione l'hanno creata in casa Tory. Non va dimenticato che, pur se assorbito in modo sostanzialmente buono, il colpo subito dal partito per le dimissioni dei due ministri Johnson e Davis non ha mancato di far sentire le sue ripercussioni, rischiando di spaccare i conservatori in due sul tema della Brexit, con gli oltranzisti e le loro teorie sulla linea dura da un lato, e l'ala più soft guidata dalla premier. Nonostante i tamburi di fronda interna, però, i prossimi mesi potrebbero non sorridere nemmeno ai Labour e, soprattutto, al loro leader Jeremy Corbyn, apparso in forte deficit di consensi negli ultimi tempi. Uno scenario che rende, per la premier, decisamente più preoccupante il suo stesso partito che quello altrui.