Tre clochard uccisi dal freddo

clochard

Tre clochard morti in un solo giorno. Tre “barboni” che si sono spenti nell'indifferenza in questi giorni di freddo intenso, metereologico e morale. Era già accaduto più volte nelle scorse settimane, in giorni diversi: a Roma, a Torino, a Milano. Oggi questo triste bollettino si allunga con la morte di altre tre persone che vivevano per strada. Il primo aveva 42 anni ed è stato trovato morto nel garage di un supermercato a Rovereto, in Trentino. L'uomo, Robert Zurek, di origine polacca, era noto in città e più volte era stato contattato da associazioni e volontari, ma aveva sempre rifiutato di ricevere accoglienza in apposite strutture, nonostante alcune persone del quartiere avessero tentato di convincerlo anche con la complicità della madre, che vive in Polonia ed era stata contattata. Una residente l'ha trovato esanime sotto due coperte, senza nemmeno un materasso o dei cartoni a cercare di limitare l'impatto delle basse temperature. Ha chiamato il 118, come in tanti avevano fatto in altre occasioni, ma i sanitari non hanno potuto far altro che constatare il decesso.

Il secondo è un uomo dell'apparente età di 60 anni che dormiva su una panchina a Verona nei giardini Pradaval, a poca distanza da piazza Bra. Il corpo è stato notato da un passante che ha avvisato la Polizia municipale. Il clochard non è stato ancora indentificato.

Il terzo è Ionut, un giovane senza dimora di nazionalità romena, morto a Roma nei pressi della stazione Tiburtina. “Aveva appena trent’anni” fa sapere la Comunità di Sant’Egidio che celebrerà, nei prossimi giorni, il suo funerale.  “E’ inaccettabile – affermano dalla Comunità – che ogni inverno si ripeta la stessa tragedia perché la vera emergenza non è il freddo – ampiamente prevedibile in questa stagione – ma l’isolamento e l’indifferenza. Sant’Egidio lancia un appello perché le istituzioni siano più sensibili e allarghino la loro rete di protezione sociale, a partire dai rifugi notturni, ancora oggi carenti. Allo stesso tempo si rivolge a tutti gli italiani perché facciano la loro parte fermandosi di fronte a chi ha bisogno e offrendo il loro aiuto, che spesso può significare una svolta: l’esperienza di molti anni di amicizia con i senza dimora ci ha dimostrato che, con un accompagnamento, dalla strada – e dalle difficoltà della vita – si può anche uscire”.