La metà delle donne che sono state uccise nel nostro Paese nel 2022 hanno perso la vita per mano del partner o del loro ex: 52 su 104. Il 25 novembre, data della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è l’occasione per leggere quei numeri che continuano a ripeterci ogni anno, anzi ogni volta che si verifica un episodio di violenza di genere, che questo drammatico fenomeno riguarda e danneggia l’intero tessuto sociale e l’intera comunità del nostro Paese. “Su mille altre tematiche ci possono essere punti diversi ma su questo credo non ci possano essere distinzioni”, ha detto ieri il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla presentazione della relazione della commissione d’inchiesta sul femminicidio in Senato, “il problema è di questa società”.
Nel nostro Paese, tra il primo gennaio e il 20 novembre di quest’anno, si sono registrati 273 omicidi volontari, rispetto ai 268 dello stesso periodo del 2021 (+2%), con 104 vittime donne, di cui 88 uccise nell’ambito familiare o affettivo, secondo i dati del Servizio di analisi criminale (https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2022-11/53_settimanale_omicidi_21_novembre_2022.pdf ) della Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza. Sempre lo stesso dipartimento ha elaborato, per i primi nove mesi dell’anno in corso, un report che offre una più ampia panoramica del fenomeno, “Il pregiudizio e la violenza contro le donne” (https://www.interno.gov.it/sites/default/files/2022-11/2022_sac_brochure_violenza_sulle_donne.pdf). Dal documento emerge una diminuzione dei maltrattamenti contro familiari e conviventi, scesi da 18.378 del medesimo intervallo di tempo dell’anno scorso ai 16.857 del periodo gennaio-settembre 2022 (-8%), e diminuisce dell’1% la sempre elevata incidenza delle vittime di sesso femminile, all’81%. Per quanto riguarda il reato di atti persecutori, meglio noto come stalking, si osserva un calo del 17% dei reati da 14.704 a 12.200, a fronte di un aumento dell’1% dell’incidenza delle vittime di sesso femminile, che nel periodo d’analisi dell’anno corrente passa dal 74 al 75%. Scende del 20% la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il cosiddetto revenge porn, 871 reati contro 1.090, con il 72% delle vittime di sesso femminile. In aumento invece del 9% le violenze sessuali, che passano dai 4.038 casi dei primi nove mesi dell’anno scorso ai 4.416 dello stesso intervallo di tempo nel 2022.
In Italia la violenza sessuale è riconosciuta come crimine contro la persona dal 1996, con l’introduzione della legge n.66 “Norme contro la violenza sessuale”. Successivamente, normativa nazionale sulla violenza contro le donne ha continuato ampliarsi e in tempi recenti, nel 2019, è stata varata la legge 69/2019 anche detta Codice Rosso, che prevede l’inserimento di quattro nuovi reati e un’accelerazione per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati. Nel 2020 è stato introdotto il cosiddetto Reddito di libertà nazionale, misura per cui sono stanziati 12 milioni di euro per il periodo 2020-2022, e l’anno seguente è stato varato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-203.
Per approfondire le dinamiche della violenza contro le donne e capire come una vittima possa uscirne, ma anche come si possa aiutare la persona responsabile dei maltrattamenti a cambiare, Interris.it ha intervistato la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini, membro della Società psicanalitica italiana (Spi).
Dottoressa, ci può spiegare come funziona il ciclo della violenza?
“All’interno della relazione dove c’è un partner maltrattante esiste uno schema preciso, che è stato studiato. All’inizio c’è una prima fase con un progressivo aumento della tensione, seguito da un episodio di percosse, dopo di che c’è la fase di tregua. Purtroppo è un ciclo che tende a ripetersi e ogni volta si alza il tiro. Quando la donna si rende conto che inizia o si manifesta tensione, mette in atto una serie di comportamenti accondiscendenti per evitare che il partner diventi violento, ma la violenza verrà comunque fuori, una spinta, uno schiaffo, una tirata di capelli non sono che le prime avvisaglie – tutto accade senza alcun motivo. La donna cerca di non farlo arrabbiare, ma per quanto si possa sforzare, essere accondiscendente o passiva, poiché crede che dipenda da lei, e per quanto cerchi di adattarsi e subisca in silenzio, la violenza verrà comunque fuori. Nessun tipo di violenza verbale o fisica può essere tollerata, dal punto di vista dell’intenzione sono tutte azioni gravi, tutte allo stesso modo”.
Quali sono i segnali?
“Il primo segnale sono certamente le offese personali pesanti; il secondo, prima dell’aggressione fisica, gesti aggressivi verso le cose: i pugni alle porte, il sequestro del cellulare della donna, mandare in frantumi oggetti a cui lei tiene. Ma bisogna prestare attenzione anche a quelli che sembrano piccoli segnali fisici. Gli autori di maltrattamenti danno, per esempio, pizzichi molto forti, in zone in cui non sono facilmente visibili. Il maltrattante non è un impulsivo che colpisce come capita, gli uomini violenti sanno come picchiare. Esiste una cultura della violenza, della sopraffazione, della prevaricazione. C’è ancora un maschilismo diffuso che, quando si incanala nel lavoro o nelle istituzioni, esclude le donne dai ruoli apicali, mentre nelle relazioni personali le relega a un ruolo di passività ancillare”.
Come possono fare le vittime a rompere questo schema di maltrattamento e a uscirne?
“Dapprincipio la vittima non può credere che la persona maltrattante sia cattiva e talvolta che quello che è successo sia accaduto veramente. Ancora, ritiene di poter cambiare l’aggressore oppure che si meriti di essere picchiata, soprattutto in quelle donne che in gioventù hanno vissuto in un ambiente in cui c’erano episodi di violenza e nessuno riceveva aiuto. Per ogni persona c’è un momento e un motivo diverso in cui capisce che è il momento di chiedere aiuto e di affidarsi a qualcuno. Che si tratti di una persona fidata che non banalizzi quello che le si racconta, oppure di un professionista come uno psicologo, uno psichiatra, un assistente sociale o come anche una figura religiosa di riferimento, ad esempio il sacerdote. Raccontare è importante perché fa uscire dalla dimensione unicamente mentale e rende reale quello che accade. Così si può guardare in faccia la realtà, per quel che è. Inoltre, si può diventare attivi nel rapporto con l’autore dei maltrattamenti, opponendosi psicologicamente e fisicamente se necessario, e controbattere, senza tollerare le falsità dette dall’aguzzino per screditare e isolare la sua vittima”.
I dati riportano un aumento delle violenze sessuali. Come si spiega?
“Possiamo ipotizzare sia dovuto al fatto che le donne oggi denunciano di più, anche se purtroppo meno di quello che accade realmente, sia all’uso sconsiderato di alcol e sostanze stupefacenti da parte dei giovani e degli adulti. Non tutte le persone che fanno uso di droghe poi commettono una violenza sessuale, ma quelle che si trovano al limite dell’autocontrollo quando assumono sostanze sono spinte a farlo. Il consumo di droghe dilaga perché manca la prevenzione, massiccia, a livello sociale, del disagio giovanile e le droghe sono economicamente più accessibili. Un altro fenomeno è quello del branco, spesso ragazzi con disturbi psicopatologici, più o meno gravi, si uniscono e vanno a caccia di vittime, che si tratti di persone senza fissa dimora, di disabili o di ragazze”.
C’è possibilità di fornire percorsi di recupero agli autori dei maltrattamenti perché cambino?
“Oggi in tutte le Asl ci sono i centri ascolto per gli uomini maltrattanti, il servizio sanitario ha i suoi centri di cura che garantiscono l’anonimato su tutto il territorio nazionale. Queste persone si devono però rendere conto di essere autori di maltrattamenti, per poter entrare in contatto con i propri lati oscuri. Per questo può essere utile la denuncia a fini di cura, perché può aiutarli a comprendere i propri problemi e a uscirne, quando non sentono l’esigenza di farlo. Ma anche gli amici possono avere un’influenza positiva decisiva, la solidarietà tra uomini va valorizzata, è una grande risorsa”.
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