Ungaro (Save the Children): “La guerra è il primo nemico dei bambini”

Filippo Ungaro ha raccontato a Interris.it la crudele realtà in cui i bambini che vivono in Paesi in conflitto devono affrontare, rinunciando molto spesso anche all'istruzione

scuola bombardata
A sinistra scuola bombardata in Ucraina. A destra Filippo Ungaro. Fonte: Save the Children

I conflitti armati hanno delle conseguenze gravi sui bambini e possono creare dei danni psicologici e mentali permanenti. Secondo le stime di Save the Children nel mondo sono oltre 449 milioni i bambini che vivono in una zona di conflitto, testimoni di eventi traumatici come atti di violenza, perdita di persone care, sfollamento e mancanza di servizi di base. Gli attacchi alle loro case, alle scuole, alle strutture sanitarie e ad altre infrastrutture civili fanno sì che i più piccoli vivano in una paura costante che potrebbe perseguitarli per il resto della loro vita.

Andare a scuola è pericoloso

La scuola stessa non è un luogo sicuro e diventa teatro di scontri. Sempre secondo Save the Children l’istruzione di quasi 49 milioni di bambine e bambini in Afghanistan, Sudan, Somalia e Mali è a rischio di collasso. L’Afghanistan è risultato uno dei Paesi con il più alto livello di rischio di crollo del sistema educativo. Dal quarto posto del 2021, quest’anno risulta essere il primo della lista, dimostrazione del fatto che, da quando i talebani hanno preso il controllo del Paese, la situazione è peggiorata e il futuro dei più giovani, in particolare delle bambine, è a repentaglio.

L’intervista a Filippo Ungaro di Save the Children

Save the Children fa sapere che in Ucraina invece, secondo il Ministero dell’Istruzione e della Scienza locale, al 28 maggio 2022 erano 1.888 gli istituti di istruzione che avevano subito bombardamenti, di cui 1.708 quelli danneggiati e 180 quelli completamente distrutti. Interris.it ha intervistato Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children che spiegato  che la guerra priva i bambini della loro spensieratezza e del diritto di poter studiare, provocando loro dei danni che possono essere permanenti.

Filippo, che situazione vivono i bambini nati in zone di guerra?

“I minori sono i soggetti più vulnerabili su cui pesano di più le conseguenze della guerra, sia dal punto di vista fisico, sia da quello psicologico. Molto spesso questi giovani perdono i genitori, interrompono la scuola o semplicemente come accade in Ucraina vivono con la costante minaccia dei bombardamenti, preceduti dal terribile suono della sirena che li annuncia. Tutto questo può avere ripercussioni molto gravi sulla loro salute mentale”. 

Quali sono le conseguenze psicosomatiche più frequenti?

“Il trauma provocato dalle situazioni di conflitto si aggrava con l’allungarsi del periodo di guerra. Pensiamo per esempio a quello nello Yemen che dura da 9 anni e che significa che ci sono bambini che nascono sotto le bombe e non sanno che cosa sia la pace. La paura della guerra può causare enuresi notturna, difficoltà ad addormentarsi, incubi e in molti casi può sfociare in aggressività. Altri bambini possono avvertire sintomi psicosomatici come mal di testa, mal di stomaco, dolori al petto, difficoltà a respirare e a parlare, altri invece una volta cresciuti per fuggire dall’ambiente circostante, cadono nelle dipendenze o addirittura ricorrono all’autolesionismo e al suicidio”. 

Il diritto internazionale prevede che ci sia la tutela dei bambini durante i conflitti. Questo non accade?

“Sulla carta è così, ma in realtà questo diritto raramente viene rispettato. Esso dice che non si devono bombardare luoghi in cui si trovano civili e bambini, ma poi sappiamo di villaggi distrutti, di scuole bombardate, di strutture educative che spesso sono utilizzate dalle forze combattenti, incluse le forze governative, come una base per combattere o per reclutare i bambini. Le conseguenze sono devastanti e molti minori a causa di un conflitto perdono parti del loro corpo, in genere gli arti inferiori e superiori. I bambini con disabilità affrontano maggiori difficoltà nella fuga dai conflitti e sono ad alto rischio di ferimenti, uccisioni e violenze e fanno fatica ad accedere ai dispositivi medici necessari come protesi e sedie a rotelle. I ragazzi che rimangono feriti, hanno bisogno di cure mediche specifiche e immediate e purtroppo queste non sono sempre disponibili. Il loro corpo è più delicato rispetto a quello degli adulti e va assistito subito, basta un colpo, anche lieve, per creare loro dei danni molto gravi”. 

La guerra nega il diritto all’istruzione?

“L’educazione è un diritto umano fondamentale per ogni bambino del mondo, ma purtroppo per coloro che vivono in Paesi colpiti da conflitti ricevere un’educazione è quasi un miraggio. La scuola è l’unico mezzo in grado di offrire ai bambini protezione, un senso di normalità e la prospettiva di un futuro migliore. Durante i conflitti la scuola può venir sospesa anche per un lungo periodo, oppure semplicemente i bambini non si recano a scuola perché il tragitto da fare per arrivarci è pericoloso. Si possono calpestare mine antiuomo oppure si possono incontrare combattenti che rapiscono i minori per scopi legati al conflitto. L’istruzione non è garantita nemmeno nei campi per sfollati e questo è un grosso problema perché vuol dire non dare ai bambini la speranza di poter costruire un futuro migliore”.

Questi ragazzi possono salvarsi?

“I primi a scendere in campo siamo noi che non ci dobbiamo mai stancare di chiedere la fine dei combattimenti perché la guerra è il primo nemico dei bambini. In tutta questa crudeltà ci sono però ragazzi che ci insegnano che ci si può salvare. In Italia per esempio sono stati accolti alcuni giovani, scappati dalla guerra senza i genitori quando erano ancora minorenni e qui con tanta voglia di rinascere sono riusciti ad accedere all’educazione e hanno iniziato un loro personale percorso per posare le basi di un futuro migliore”.