Sociale

Il sacrificio di Attanasio e Iacovacci sia di monito per la sicurezza in Congo

Pochi giorni fa a Kibumba nella Regione del Nord Kivu della Repubblica Democratica del Congo, un gruppo armato ha perpetrato un vile agguato ad un convoglio della Monusco – la missione ONU afferente allo World Food Programme per la stabilizzazione del sopracitato Paese – che ha causato l‘uccisione dell’Ambasciatore Italiano nella R.D.C. Luca Attanasio, del Carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo che si stavano recando a portare generi alimentari in una scuola del luogo.

Questi omicidi efferati devono ricordare alla comunità internazionale che, nella suddetta regione del Congo e nei Paesi confinanti, a partire dal 1994 quando ebbe luogo il genocidio del Ruanda, le ostilità tra milizie armate si susseguono senza sosta a causa della presenza di ingenti risorse naturali quali ad esempio oro, diamanti e coltan che attirano gli appetiti di trafficanti senza scrupoli, tanto che si stima che – nella sola regione del Nord Kivu – vi siano oltre 40 diversi gruppi armati contrapposti.

Rispetto a quanto precedentemente detto, è utile sottolineare che questi scontri armati a bassa intensità che si perpetrano da molti anni hanno causato oltre 25 mila vittime nell’ultimo decennio tra la popolazione civile inerme e più di 5 milioni di rifugiati nei Paesi confinanti.

In seconda istanza, per porre fine a questi conflitti tra gruppi armati che causano indicibili sofferenze morali e materiali, è fondamentale che l’ONU aumenti gli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile, rafforzi la presenza dei Caschi Blu in quest’area al fine di disarmare con tempestività i gruppi armati ed oltre a ciò provveda ad incrementare i programmi di addestramento delle locali forze armate e di polizia ponendo un vigoroso freno ai fenomeni corruttivi che fanno crescere il tasso di violenza e povertà della popolazione già allo stremo.

Infine, in questo difficile momento, è fondamentale che le Istituzioni della Repubblica e i cittadini cingano con un abbraccio corale l’intero Corpo Diplomatico, l’Arma dei Carabinieri e soprattutto le famiglie dei caduti che in questa triste vicenda hanno dato prova di fulgido senso del dovere, umanità e altruismo fino all’estremo sacrificio in ossequio al mirabile pensiero del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”.

Christian Cabello

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