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Libia, la denuncia di Msf: “I centri per migranti ledono la dignità umana”

In Libia le persone trattenute nelle strutture di detenzione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo vivono esperienze “drammatiche”, trattenute in condizioni che “ledono la dignità umana”. Lo denuncia Medici senza Frontiere (Msf), organizzazione non-profit che si dedica all’assistenza sanitaria in situazioni di emergenza, di stanza a Tripoli e dintorni.

“Siamo particolarmente allarmati dalle condizioni di vita di queste persone – dice il presidente di MsF Italia Loris De Filippi -. Molte di queste strutture hanno uno spazio estremamente limitato, meno di mezzo metro quadrato per persona. Manca il cibo, in alcune aree manca l’acqua e servizi igienici dignitosi, adeguati. Siamo preoccupatissimi per le condizioni delle persone più vulnerabili, donne in stato di gravidanza, donne con neonati, bambini e minori al di sotto dei 18 anni. Tra di loro ci sono bambini nati all’interno delle strutture. Il bambino più piccolo visitato aveva due ore di vita…”.

“Come ha ricordato anche l’Alto commissariato per i rifugiati – prosegue De Filippi – i migranti sono esposti a livelli particolarmente alti di violenza e di sfruttamento per mano sia di forze militari che di milizie e soprattutto delle reti di contrabbando, di gang criminali che si occupano di traffico di esseri umani”. Una volta arrivati in Libia, i migranti, invece di trovare un Paese che li può accogliere, sono esposti a malattie e abusi di ogni genere: “Questa è la vita un po’ delle persone ed è quello che ci raccontano anche quando facciamo ricerche e soccorso nel Mediterraneo centrale e vengono accolte sulle nostre imbarcazioni: uno tra i racconti più tragici che fanno del loro viaggio, di tutta questa avventura tragica dal loro Paese di origine all’Italia, è appunto la loro permanenza, in alcuni casi di sei mesi o più, anche di anni, all’interno di quel Paese”. La Libia non è firmataria della Convenzione sullo stato dei rifugiati.

“L’auspicio – conclude il presidente MsF intervistato da Francesco Gnagni – è che ci sia una presenza definita, chiara, con la possibilità che le organizzazioni internazionali possano visitare” i migranti. “Soprattutto – incalza – chiediamo chiaramente alle autorità che rilascino donne in stato di gravidanza, donne con neonati, bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni di età, persone disabili e persone di qualsiasi sesso e età che siano in gravi condizioni di salute”.

Edith Driscoll

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