L'Italia continua a perdere terra a beneficio del cemento e asfalto. Nel 2017 la superficie naturale si è ridotta di ulteriori 52 km2: ogni due ore viene costruita un'intera piazza Navona, ogni secondo vengono coperti con cemento o asfalto 2 metri quadrati di territorio. Il problema riguarda soprattutto le regioni con una maggiore vocazione industriale, specie nel Nord-Est del Paese. Il consumo di suolo invade aree protette e a rischio idrogeologico, soprattutto lungo le coste e i corsi d'acqua. Il costo stimato supera i 2 miliardi di euro all'anno, per la perdita di capacità di stoccaggio di carbonio, di produzione agricola e legnosa e di servizi ecosistemici. Sono questi i dati del Rapporto Ispra-Snpa sul “Consumo di Suolo in Italia 2018”, presentati stamani (17 luglio) alla Camera.
Già nel marzo scorso l'Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, aveva lanciato l'allarme su questo tema: 23mila chilometri quadrati del territorio nazionale sono ormai persi (e con loro gli ecosistemi). Nel 2016 il 7% del suolo nazionale risulta cementificato contro il 4,1% della media europea nello stesso anno. Secondo Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, il problema è legato anche ai cambiamenti climatici in corso, i quali – afferma – “stanno già causando danni al territorio e alla salute dei cittadini, e a soffrirne di più sono soprattutto le grandi città, indietro nelle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici”. Per quanto concerne il consumo di suolo, per Ciafani è necessario “definire norme e regole efficaci”. Egli rileva che “nella scorsa legislatura non si è riusciti ad approvare il ddl sul consumo di suolo, mentre ancora aspettiamo il piano nazionale di adattamento e non si vedono politiche coerenti, anche sotto il punto di vista economico, rispetto alle soluzioni prospettate dalla Strategia energetica nazionale da poco approvata”. L'auspicio è che il nuovo esecutivo possa intervenire in materia.
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