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In soccorso dei profughi afghani. L’impegno dell’Italia, il silenzio dell’Unione Europea

I profughi afghani sono scomparsi dalle cronache dei giornali. Eppure in tre mesi la diaspora dall’Afghanistan in mano ai talebani non si è mai arrestata. Gli afghani iniziarono a fuggire dal loro paese negli anni Ottanta. Tre milioni cercarono riparo in Pakistan e Iran. Oggi proviene dall’Afghanistan il 10% dei rifugiati nel mondo. Il numero più alto dopo quelli siriani (dati AI). Ce ne sono molti altri che non sono stati registrati. O la cui richiesta di asilo è in fase di esame. A questi si aggiungono più di due milioni di sfollati interni. Ora in Italia arrivano 1200 profughi con i corridoi umanitari. E la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese chiede: “L’Unione Europea dov’è?“.

Sos profughi

A poco meno di tre mesi dalla presa di Kabul da parte dei talebani, l’Italia prende un impegno. E garantisce di accogliere nell’arco di due anni altri 1.200 profughi afghani. Lo ha stabilito un protocollo di intesa. Firmato al Viminale. Con cui è prevista la creazione di corridoi umanitari in Pakistan. Iran. Ed eventuali altri Paesi di transito. Chi fugge dall’Emirato Islamico, quindi, ora potrà farlo in sicurezza. Una volta qui, sarà accolto nelle varie diocesi. Dove, con il supporto delle Caritas locali, sarà sostenuto in un percorso. Di integrazione. E inclusione.

Studenti in fuga dall’università di Kabul

Ponti aerei

L’intesa è stata firmata tra ministero degli Esteri. Dicastero dell’Interno. Conferenza episcopale italiana (Cei). Comunità di Sant’Egidio. Federazione delle Chiese Evangeliche. Tavola Valdese. Associazione di promozione sociale (Arci). Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti. E il contrasto delle malattie della povertà (Inmp). Unhcr. “L’Italia è un paese accogliente”, sottolinea ministra dell’Interno. Luciana Lamorgese rimarcare, però, che “non tutti i paesi hanno questa propensione all’accoglienza. Al rispetto dei diritti umani”. Finora l’Italia ha portato in salvo circa 5 mila profughi. Attraverso i ponti aerei militari. E lo ha fatto, sottolinea il ministro Lamorgese, “convintamente”. Anche grazie alla “condivisione dei progetti” a livello di governo nazionale. Al contrario “non sempre l’Europa è presente“, sostiene la titolare del Viminale.

L’aeroporto di Kabul preso d’assalto dai civili

Protocollo

“E’ giusto che si salvino le persone”. Ma “è ingiusto che sia solo l’Italia a occuparsene. Perché è il Paese di primo approdo”, continua la ministra dell’Interno. Luciana Lamorgese ribadisce come “il principio di solidarietà dovrebbe essere il principio cardine dell’Europa“. Da parte sua la Farnesina evidenzia che questo protocollo conferma e innova una “buona prassi” italiana. Quella dei corridoi umanitari”. Si tratta, secondo il ministero degli Esteri, della strategia “più avanzata” a livello europeo. Per quanto riguarda appunto l’accoglienza ai rifugiati.

Via sicura

Per monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, i corridoi umanitari rappresentano “una via sicura”. Per coloro che “sono costretti a fuggire dalla propria terra“. E, allo stesso tempo, secondo il vescovo Russo, “dimostrano che possono cooperare fattivamente soggetti istituzionali. Governativi e non. Della società civile e religiosa. Per trovare soluzioni concrete al dramma delle migrazioni”. Per questo la Cei auspica “che diventino uno strumento strutturale di gestione delle politiche migratorie“. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, parla di “best practice”. Ossia una buona pratica che “tanti ci imitano. E dovrebbero imitare”.

Innovazione solidale

Una “pratica innovativa”. Che permette di affrontare il fenomeno dell’immigrazione “nella via della legalità. Dell’accoglienza. E dell’ integrazione”. E che misura “la sinergia tra società civile e istituzioni”. Questo sono i corridoi umanitari, puntualizza Impagliazzo. Presente alla firma anche l’Arci. Secondo cui i corridoi rappresentano “una grande opportunità”. Per “coinvolgere le tante comunità territoriali solidali. A partire dai nostri Circoli Rifugio. Così da ribaltare la “rappresentazione distorta“. Alla quale spesso abbiamo assistito in questi anni. Dell’arrivo alle nostre frontiere di richiedenti asilo e profughi”. Arci, inoltre, lancia la campagna di raccolta fondi “Call for Afghanistan. Corridoio per la libertà”. Per “sostenere con una donazione l’accoglienza in famiglia nei Circoli Rifugio Arci“.

Giacomo Galeazzi

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