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Myanmar, nuovo colpo di stato e la democrazia è sempre più lontana

Il primo febbraio avrebbe dovuto insediarsi il Governo rieletto di Kyi per attuare riforme costituzionali in senso democratico, ma il processo si è bruscamente interrotto

La Repubblica dell’Unione del Myanmar è uno Stato dell’Asia sud-orientale, ex colonia inglese indipendente dal 1948, con capitale Naypydaw ed oltre 54 milioni di abitanti.

Tanto premesso alcuni giorni fa -mediante un colpo di stato – i militari hanno preso il potere e deposto il Consigliere di Stato e Premio Nobel per la Pace 1991 Aung San Suu Kyi la quale dopo la vittoria nelle elezioni del novembre 2015 con il movimento denominato Lega Nazionale per la Democrazia aveva dato inizio ad un processo transazione democratica seppur mantenendo nelle istituzioni del paese un numero di rappresentanti direttamente nominati dalle forze armate.

Rispetto a quanto sopra detto è utile ricordare che le forze armate del Myanmar, nonostante una parziale apertura verso una parvenza di elezioni parlamentari a partire dal 2011, detengono il potere dal 1962 e – nonostante la elezione di Aung San Suu Kyi le stesse hanno continuato a mantenere un potere estremamente ampio – il 25% dei seggi in Parlamento – ed una forte capacità di condizionamento su ogni aspetto della vita quotidiana dei cittadini.

In particolare, il golpe in oggetto, è avvenuto il primo febbraio, ossia il giorno in cui il governo di Kyi recentemente rieletto si sarebbe dovuto presentare in parlamento per sancire l’inizio ufficiale della nuova legislatura ed ai nuovi piani di riforma della Costituzione allo studio dell’esecutivo che avevano come presupposto la diminuzione del potere e delle prerogative delle forze armate.

Allo stato attuale il nuovo capo del governo ad interim – definito Consiglio dell’amministrazione statale – è il comandante in capo dell’esercito generale Min Aung Hlaing, che ha proclamato lo stato di emergenza e posto in essere dure misure repressive nei confronti della popolazione civile, causando numerose proteste da parte dei cittadini birmani che chiedono a gran voce la democrazia attraverso manifestazioni di piazza e forme di disobbedienza civile.

Una prospettiva per la democrazia

In ultima istanza, alla luce di quanto precedentemente esemplificato, è fondamentale che tutti coloro che rivestono ruoli istituzionali in Myanmar favoriscano in ogni modo la pacificazione nazionale ed il dialogo affinché si possa instaurare un sano processo di democratizzazione delle istituzioni che porti ad una pace duratura e ad una contestuale liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutti i prigionieri politici ricordando sempre il fulgido pensiero di Papa Francesco: ““Autorità: sappiate sempre esercitare l’autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando; abbracciando tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie esistenziali del cuore umano”.

 

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