Kirmal, progetto per l’inclusione dei migranti tra cucina e cultura

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Inclusione dei migranti: un progetto sostenuto dalla Fondazione con il Sud. A Palermo la prima impresa sociale multiculturale. L’iniziativa imprenditoriale-solidale si chiama “Kirmal”.

Migranti protagonisti

Piatti nati da paesi diversi. Ugualmente legati al Mediterraneo. Che gustati insieme sono conditi da favole, leggende, ricordi. Insomma, cibo e narrazione. Seguendo i laboratori di “Itastra”. Basati sul plurilinguismo. L’intreccio di culture. Chiara Amoruso e Valentina Salvato hanno lavorato molto sulla preparazione linguistica dei ragazzi. Ma hanno anche cercato di sviluppare in loro una “propensione alla narrazione”. Che può oggi costituire un valore aggiunto. All’interno di un quadro di servizi della ristorazione alquanto ripetitivo. Il progetto “Kirmal”, dunque, aggiunge e non toglie. L’idea è quella di proporre veri e propri pasti “narrativi”, cene o pranzi. Per mangiare racconti o bere parole. Verranno poi (e presto) le strutture per turisti. E i tour esperienziali in giro Palermo. A cominciare  da una nuova sezione dedicata all’accoglienza dell’Ecomuseo del mare.

Progetto Kirmal

Il progetto “Kirmal” ha il viso serio di Kirolos. E quello sorridente di Ameth che lavora come cuoco. Di Ibrahima che, invece, non vuole più scendere da un palcoscenico. Di Mustapha che sa pesare bene e male per sé e per gli altri. Di Lam che sa far funzionare un ristorante. E, infine, c’è Riccardo che cerca ancora di decidersi tra la musica e la cucina. Ma per il momento si porta dentro il quartiere palermitano di Ballarò dove è nato. “Kirmal” è una vera impresa sociale multiculturale. Legata alla ristorazione e al turismo. Nata con il sostegno di Fondazione con il Sud. Una start up di catering narrativo “fusion”. Che prepara, consegna e accompagna piatti. Realizzati dalle mani ma infarciti di ricordi. Che possono anche trasformarsi in pranzi o cene “narrative”. I ragazzi raccontano storie dei rispettivi Paesi. Improvvisano sketch. Si tuffano nelle favole. E sono l’esempio che non necessariamente un migrante deve sottostare a lavori disagiati. E mal retribuiti.

Mensa “popolare”

Durante il lockdown questi ragazzi si sono fatti le ossa. E hanno ideato una mensa “popolare”. Per aiutare le famiglie in difficoltà in tempo di pandemia. Utilizzando la cucina del Centro diaconale Valdese. Sono stati consegnati pasti alle famiglie del quartiere Noce. Attività che si è affiancata alla mensa del Centro Astalli. “Questo è un progetto davvero straordinario”, spiega all’Adnkronos Carlo Borgomeo. Presidente di Fondazione per il Sud. Perché “dimostra in modo chiarissimo che l’accoglienza vera e l’integrazione dei migranti sono un’opportunità di sviluppo. Per tutti i territori”.

Al Centro Astalli

“L’affidamento a Kirmal della Cucina Astalli rappresenta per noi la felice conclusione di un progetto. Avviato molti anni addietro. Per un servizio di ristorazione offerto ai migranti del nostro centro di accoglienza”, afferma Alfonso Cinquemani del Centro Astalli. Kirmal ha anche deciso di partecipare al progetto “Cantieri Luoghi Accoglienti“. Con Cre.Zi.Plus hanno preparato 2500 pasti. Da distribuire ai soggetti più fragili delle comunità straniere di Palermo. Il progetto è sostenuto dall’8Xmille valdese. Ed è firmato da Clac. In collaborazione con il Centro diaconale La Noce. Maghweb. Ditirammu Lab. Aopcs. Spazio Marceau. E Spazio Franco. Adesso Kirmal è una realtà pronta a camminare sulle sue gambe.

Migranti e cucina fusion

I sei giovani vogliono offrire esperienze sensoriali. Che passano dal cibo. Ma si nutrono di narrazioni. La loro start up si chiama Kirmal. Che vuol dire “per” in libanese. Ma è anche un acronimo formato dalla loro iniziali. Proporrà menù per eventi e festival. Piatti a domicilio fusion e multietnici. Per le pause pranzo in ufficio. Picnic e momenti di condivisione per i weekend. Servizi per le comunità, i campi estivi, le scuole. I neo imprenditori sociali sono Kirolos Kamil Zaher Bebawy, Ameth Kah. Riccardo Pizzuto, Mustapha Jarjou. Thi Tung Lam Dinh e Ibrahima Deme.
Giacomo Galeazzi: