Il caso del miele senza api: l’apicoltura Made in Italy rischia la crisi

Ombre cinesi sui prodotti nettariferi: miele adulterato sugli scaffali italiani, a prezzi ribassati e prodotto senza i procedimenti standard. E se si aggiungono i cambiamenti climatici il settore vacilla

Costi sensibilmente ridotti e tecniche produttive lontane anni luce dalle originali, col risultato di assestare un colpo quasi da knockout a un intero settore. Manco a dirlo, fra le eccellenze del Made in Italy. Ma, tralasciando per un momento i discorsi retorici, l’immissione in commercio nei mercati italiani del cosiddetto “falso miele”, perlopiù proveniente dalla Cina, rischia di creare un serio danno all’apicoltura di casa nostra. E la questione non riguarda tanto la legittima possibilità d’importazione, quanto la differenza sostanziale nei costi e nelle tecniche, che di fatto porta sugli scaffali italiani un miele prodotto senza api. Alla modica cifra di un euro (1,20 al massimo) al barattolo, azzerando di fatto gli incentivi per l’esclusività del metodo produttivo.

Questione di miele

Una botta non di poco conto per un settore già fortemente provato dall’emergenza climatica e, ora, alle prese con un’importazione che rischia di compromettere filiera e consumatore. A lanciare l’allarme è la Confederazione italiana agricoltori: “I prezzi irrisori – ha spiegato a Interris.it Angela Garofalo, responsabile del settore zootecnica della Cia Agricoltori – fanno capire anche la scarsa qualità del miele”.

 

Dottoressa Garofalo, la vicenda del falso miele immesso nei mercati italiani è un ennesimo colpo al settore dell’apicoltura. Ma purtroppo non è l’unico…
“Il problema sul mercato del miele italiano non è solo quello dell’importazione. L’apicoltura italiana negli ultimi anni è in ginocchio, soprattutto per via dei cambiamenti climatici, che non consentono alle api di produrre come negli anni passato. L’anno scorso, decremento 50-70% di produzione di miele, proprio perché le api muoiono di fame, non ci sono fioriture ricche di nettare. Addirittura apicoltori devono nutrire le api. Oltre a questo, c’è la questione moria delle api, a causa abuso di fitofarmaci. Nonché, per l’appunto, un problema abbastanza rilevante di forti importazioni estere. In Italia importiamo in gran parte da Ungheria, Ucraina, Argentina ma anche Cina. Arrivano prodotti a prezzi stracciati, 1,20 € al chilo di miele. Prezzi irrisori che fanno capire anche la scarsa qualità del miele che arriva sugli scaffali. Il problema è dovuto anche a una carenza di controlli alle frontiere: non c’è un efficace piano di controllo, né al passo con le adulterazioni. Serve più ricerca, i metodi di controllo sono obsoleti.

Si tratta, sostanzialmente, di miele che non riceve lo stesso processo di produzione di quello tradizionale. In cosa consiste la sua adulterazione?
Il miele viene adulterato sostanzialmente in due modi ma perlopiù si aggiungono in grosse percentuali sciroppi di glucosio, amidi di riso… Non è il miele che è prodotto dalle api in modo esclusivo. Quello italiano è un miele di ottima qualità, senza alcun tipo di manomissione da parte dell’uomo”.

Parlando di strumenti di contrasto, sono in atto delle politiche di tutela per scongiurare l’immissione nel mercato di prodotti adulterati? O quantomeno delle normative in grado di salvaguardare l’esclusività del settore?
“Speriamo che con le prossime politiche in ambito comunitario, più verdi e attente al consumatore, si riesca a portare qualche risultato. Un’istanza è quella di uniformare la direttiva relativa all’etichettatura. In Italia siamo stati i primi a inserire l’origine del miele in etichetta ma non c’è uniformazione della normativa. Chiediamo di definire, oltre alla percentuale delle miscele, l’origine del miele. Problema del miele estero, dovuto ad alcune molecole che da noi sono vietate: alcuni fitofarmaci vietati da noi lì sono consentiti”.

Un problema rilevante ma, come abbiamo visto, non l’unico. A fronte dei cambiamenti climatici in atto, esistono misure per permettere alle api di reggere all’impatto?
“Soluzione è aumentare i pascoli nettariferi. Introduzione di essenze che non lo sono più, ad esempio i girasoli, ibridi commerciali che producono il seme ma non fanno nettare. Incrementare colture favorevoli alle api. Incentivare gli agricoltori a impiantare essenze mellifere ed è anche quello che stiamo chiedendo nelle misure comunitarie. Aiutare indirettamente gli apicoltori”.