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Ecco perché il dialogo sociale e interreligioso è la vocazione della Chiesa

La Chiesa come casa del dialogo in “tempi di cambiamento”. Una cornice nella quale “i singoli individui. Le famiglie. Le piccole associazioni. Le comunità locali non sono in grado di raggiungere gli obiettivi primari”. Secondo papa Francesco “è giusto che intervengano i livelli più alti del corpo sociale. Come lo Stato. Per fornire le risorse necessarie ad andare avanti”.  Ad esempio, a causa della crisi provocata dalla pandemia, “molte persone, famiglie e attività economiche si sono trovate e ancora si trovano in grave difficoltà“, puntualizza il Pontefice.

Dialogo sociale della Chiesa

Perciò, evidenzia Jorge Mario Bergoglio, “le istituzioni pubbliche cercano di aiutare. Con appropriati interventi. Sociali. Economici. Di salute”. Dall’altro lato, però, “i vertici della società devono rispettare e promuovere i livelli intermedi o minori. Infatti, il contributo degli individui, delle famiglie, delle associazioni, delle imprese, di tutti i corpi intermedi e anche delle Chiese è decisivo”. A Strasburgo Francesco ha indicato la stessa strada al Parlamento Europeo. Cioè un “dialogo proficuo, aperto e trasparente con le istituzioni Ue. E’ questo, secondo il Papa, l’unico modo per preservare l’Europa dai “tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno“. Anche per “il grande vuoto ideale in Occidente”.

Il senso di appartenenza

Secondo il Papa alla crisi attuale “dobbiamo rispondere non solo come persone singole. Ma anche a partire dal nostro gruppo di appartenenza. Dal ruolo che abbiamo nella società. Dai nostri principi. E, se siamo credenti, dalla fede in Dio”. La rotta indicata da Francesco è chiara. “Spesso, però, molte persone non possono partecipare alla ricostruzione del bene comune– aggiunge il Pontefice-. Perché sono emarginate. Sono escluse. Sono ignorate. Certi gruppi sociali non riescono a contribuirvi. Perché soffocati economicamente o politicamente”. 

Valori

La vocazione della Chiesa è il dialogo. Ma “in alcune società, tante persone non sono libere di esprimere la propria fede. I propri valori. Le proprie idee. Se le esprimono con libertà, vanno in carcere. Altrove, specialmente nel mondo occidentale, molti auto-reprimono le proprie convinzioni etiche o religiose“. Ma “così non si può uscire dalla crisi. O, comunque, non si può uscirne migliori, usciremo in peggio”. Da ciò scaturisce l’appello a “partecipare alla cura e alla rigenerazione dei nostri popoli“. Per il Papa “è giusto che ognuno abbia le risorse adeguate per farlo”. Stesso discorso per l’accoglienza. Cioè per l’incontro “con migranti e rifugiati di altre confessioni e religioni”. Si tratta di un “terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso sincero e arricchente”, afferma Jorge Mario Bergoglio.

Migranti

I fedeli cattolici sono chiamati a impegnarsi. Ciascuno a partire dalla comunità in cui vive. Affinché la Chiesa diventi sempre più inclusiva. Dando seguito alla missione affidata da Gesù agli apostoli. “Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi. Risuscitate i morti. Purificate i lebbrosi. Scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto. Gratuitamente date» (Mt 10,7-8). Oggi, secondo Francesco, la Chiesa è chiamata a uscire nelle strade delle periferie esistenziali. Per “curare chi è ferito. E cercare chi è smarrito. Senza pregiudizi o paure. Senza proselitismo. Ma pronta ad allargare la sua tenda. Per accogliere tutti”. Avverte il Pontefice: “Tra gli abitanti delle periferie troveremo tanti migranti e rifugiati, sfollati e vittime di tratta. Ai quali il Signore vuole sia manifestato il suo amore e annunciata la sua salvezza”. I flussi migratori contemporanei costituiscono “una nuova frontiera missionaria”. Ossia, per il Pontefice, “un’occasione privilegiata di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo. Senza muoversi dal proprio ambiente”. Testimoniando concretamente la fede cristiana. Nella carità. E “nel profondo rispetto per altre espressioni religiose“. Anche per questo la Chiesa è chiamata a un “dialogo proficuo, aperto e trasparente con le istituzioni“.

Sussidiarietà

Secondo papa Francesco “oggi si ascoltano di più le grandi compagnie finanziarie. Anziché la gente o coloro che muovono l’economia reale. Si ascoltano di più le compagnie multinazionali che i movimenti sociali“. Ossia, avverte il Pontefice, “parlando in ‘dialetto’ quotidiano, si ascoltano più i potenti che i deboli. E questo non è il cammino umano. Non è il cammino che ci ha insegnato Gesù”. E questa “mancanza di rispetto del principio di sussidiarietà si è diffusa come un virus“, sottolinea Jorge Mario Bergoglio.

 

Giacomo Galeazzi

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