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Siccità e carestia devastano il Corno d’Africa. “Crisi alimentare senza precedenti in Kenya, Somalia ed Etiopia”

Nel Corno d’Africa numero di persone a rischio di fame è salito a 22 milioni. A lanciare l’allarme è il Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) dell’Onu. Sos Africa, dunque. In Kenya, Alice for Children opera da quindici anni a sostegno dei più fragili. In soccorso, cioè, dell’infanzia delle baraccopoli di Nairobi. Di bambini che hanno poco o niente. E che sopravvivono raccogliendo rifiuti a mani nude per pochi centesimi al giorno. Una situazione peggiorata ulteriormente dalla crisi Covid. E dalla perdita di decine di migliaia di posti di lavoro. “Qui lottiamo quotidianamente contro la fame- spiegano i volontari dell’associazione umanitaria- Sosteniamo dal punto di vista alimentare più di 3000 bambini delle baraccopoli. Insieme alle loro famiglie”.
Emergenza Africa
Carestia miseria, guerre fratricide, travolgono l’Africa per effetto dei cambiamenti climatici e della guerra russo-ucraina. Dunque 22 milioni di persone a rischio fame in Corno d’Africa. Una siccità senza precedenti devasta Kenya, Somalia ed Etiopia. Anni di piogge insufficienti in Kenya, Somalia ed Etiopia hanno causato la peggiore siccità degli ultimi 40 anni. E condizioni simili a quelle della carestia nelle aree più colpite. E’ in corso una mobilitazione delle organizzazioni umanitarie. Una corsa contro il tempo per salvare migliaia di vite. Quattro stagioni di mancate precipitazioni senza precedenti hanno ucciso milioni di capi di bestiame. Hanno distrutto i raccolti. Costringendo 1,1 milioni di persone a lasciare le proprie case. In cerca di cibo e acqua. “Il mondo deve agire ora per proteggere le comunità più vulnerabili dalla minaccia di una carestia diffusa nel Corno d’Africa”, afferma David Beasley. Il direttore esecutivo di Programma alimentare mondiale ricorda l’allerta inascoltata di otto mesi fa. In Somalia Beasley ha visitato la città meridionale di Baardheere. E ha incontrato famiglie che sono state costrette a lasciare le loro case. “Hanno percorso lunghe distanze. Attraversando aree distrutte dal conflitto civile. In cerca di assistenza umanitaria”, racconta il responsabile Pam.
Fonte: World Food Programme Italia

Disastro umanitario

“Avevamo avvertito che 13 milioni di persone nei tre Paesi soffrivano per la fame. Chiedendo l’aiuto dei donatori in un momento di grande bisogno– aggiunge David Beasley-. Ma i fondi hanno tardato ad arrivare con l’invasione russa dell’Ucraina. Ciò ha stornato l’attenzione internazionale dal disastro nel Corno d’Africa”. Gli operatori umanitari segnalano un ulteriore aggravamento delle condizioni. Il conflitto russo-ucraino, infatti, ha anche fatto salire alle stelle i prezzi globali di cibo e carburante. Rendendo più costosa la consegna degli aiuti. Entro la metà dell’anno, il numero di persone in situazione di estremo bisogno in Kenya, Etiopia e Somalia è salito a 20 milioni. Prosegue David Beasley: “Entro settembre almeno 22 milioni di persone potrebbero morire di fame“.

Sforzi triplicati nel Corno d’Africa

Nell’area di Baardheere il Programma alimentare mondiale sta triplicando gli sforzi. Per raggiungere un maggior numero di persone. Con aiuti alimentari salvavita. L’area ospita decine di migliaia di persone. Sono gli sfollati che hanno abbandonato le proprie case a causa della siccità e del conflitto. In tutto il Corno d’Africa si prevede che la siccità continuerà nei prossimi mesi. La stagione delle piogge è prevista entro la fine dell’anno. E, come accade da un quinquennio, si preannuncia scarsa. Il Programma Onu sta utilizzando i fondi disponibili. Compresi i fondi di emergenza statunitensi dell’Ufficio per l’Assistenza Umanitaria di Usaid. Occorre aumentare, infatti, l’assistenza salvavita nelle aree più colpite dalla siccità. “Prevediamo di assistere 8,5 milioni di persone in tutto il Corno d’Africa. Un numero di interventi in forte aumento rispetto ai 6,3 milioni di inizio anno- sottolinea David Beasley- I bisogni rimarranno elevati anche nel 2023. E la carestia incombe in particolare in Somalia”.
Giacomo Galeazzi

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