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Acque reflue: non c’è più tempo da perdere. Monito Ue

Avvertimento Ue all’Italia sulle risorse idriche. Le acque reflue sono tutte le acque, che in seguito al loro utilizzo in ambito domestico o industriale, necessitano di un trattamento (depurazione). Prima di poter essere reimmesse nell’ambiente o riutilizzate. Le “acque reflue domestiche” sono quelle che produciamo quotidianamente nelle nostre abitazioni. O che derivano da alcune attività di servizio (ristoranti, piscine, ospedali) o industriali. Il cui scarico abbia caratteristiche simili alle acque reflue domestiche. Esse derivano prevalentemente dal metabolismo umano. A fare il punto in particolare sulle “acque reflue industriali” è l’agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima della provincia autonoma di Bolzano. Si stratta delle acque scaricate in seguito al loro utilizzo in un ciclo produttivo che ne comporta un deterioramento qualitativo più elevato. Le “acque reflue urbane”, invece, sono il miscuglio di acque reflue domestiche e industriali convogliate in reti fognarie. Provenienti da un agglomerato e destinate al trattamento presso un impianto di depurazione urbano.

Lacune dell’Italia

Potrebbe costare cara all’Italia l’entrata in vigore delle regole più stringenti sul trattamento e sul riuso delle acque di scarico urbane che l’Europarlamento ha appena adottato. Il nostro Paese ha già quattro procedure di infrazione aperte per il mancato rispetto delle vecchie regole. E per una delle quattro violazioni è arrivata la multa della Corte Ue. Per una seconda, le penalità probabilmente arriveranno nel giro di un anno e mezzo. Comunque dal 2018 a fine 2020 Roma ha già pagato oltre 120 milioni di euro per la mancata conformità agli standard Ue di fogne e depuratori. E il conto continuerà a salire, poiché le penalità consistono in 30 milioni ogni sei mesi, che si riducono in proporzione al numero di abitanti coperti da sistemi fognari a norma.

Richiamo Ue

Il voto della plenaria di Strasburgo è una tappa intermedia per il varo delle nuove norme – che dovranno essere negoziate con il Consiglio una volta che anche quest’ultimo avrà definito la sua posizione – ma gli eurodeputati intanto hanno alzato l’asticella, e non di poco. Per Strasburgo, il collegamento a un sistema fognario deve essere obbligatorio per gli agglomerati (centri urbani o quartieri di grandi città) a partire da 750 abitanti dal 2032, invece dei 2000 di oggi e dei 1000 proposti dalla Commissione europea. Gli eurodeputati chiedono inoltre filtri anti-microplastiche obbligatori per le nuove lavatrici a livello Ue entro il 31 dicembre 2027, e propongono target di impiego di energia rinnovabile negli impianti di trattamento delle acque reflue, che dovrebbero usare solo energia pulita entro la fine del 2040.

Proposte

Queste proposte potrebbero aggiungersi a quelle della Commissione europea e già confermate dall’Eurocamera: le acque reflue urbane dovranno essere sottoposte a un trattamento supplementare (detto quaternario) per eliminare il più ampio spettro possibile di microinquinanti. I produttori di medicinali e cosmetici, principali fonti di microinquinanti per le acque di scarico, dovranno contribuire finanziariamente al trattamento aggiuntivo. L’Ue inoltre lavora a nuovi obblighi di monitoraggio, che riguarderebbero tra l’altro microplastiche (anche nei fanghi) e alcuni virus come il SARS-CoV-2. Tutti potenziali oneri aggiuntivi per gli enti locali.

Direttiva

“Occorre investire molto di più nella ricerca tecnologica. E accompagnare più efficacemente i territori europei. Nell’accesso ai fondi comunitari. Per migliorare i trattamenti di depurazione delle acque urbane. Senza questi investimenti la direttiva rischia di essere troppo penalizzante per l’Italia”, riferisce Pietro Fiocchi (FdI). Secondo Maria Angela Danzì, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, il voto è stato “un importante passo avanti nella direzione tanto giusta quanto necessaria Per la salvaguardia della salute umana, dell’ambiente e degli animali”.

Giacomo Galeazzi

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