Coronavirus, cos’è la rete “sentinella” delle acque reflue

Avviato dal SARI un progetto di sorveglianza epidemiologica per difendersi dal Covid-19

Ue

Il Coronavirus potrebbe essere trasmesso attraverso le acque reflue? Il miscuglio di acque reflue domestiche e industriali, oppure di quelle cosiddette di ruscellamento (meteoriche di dilavamento, acque di lavaggio delle strade, ecc.) convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato; le acque di ruscellamento contengono varie sostanze microinquinanti, quali idrocarburi, pesticidi, detergenti, detriti di gomma cosa potrebbero comportare?

La ricerca della SARI

Per capirne di più la SARI (SARI, Sorveglianza Ambientale Reflue in Italia), a partire dal mese di luglio, ha avviato il progetto di sorveglianza epidemiologica di SARS-COV-2 attraverso le acque reflue urbane. Ha cominciato da alcune località turistiche ma un po’ alla volta si estenderà anche ad altre zone d’Italia.

In cosa consiste il progetto?

Con il coordinamento tecnico-scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Coordinamento Interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, una rete di strutture territoriali analizzerà la presenza di tracce di Coronavirus. Il monitoraggio sarà nelle acque reflue a fini di un controllo preventivo sulla presenza del virus e la sua possibile propagazione in Italia. Il progetto consentirà di acquisire indicazioni utili sull’andamento epidemico e sull’allerta precoce di focolai nelle prossime fasi dell’emergenza.

La “spia” di circolazione del virus

I campioni prelevati prima dell’ingresso nei depuratori dei centri urbani possono essere utilizzati come ‘spia’ di circolazione del virus nella popolazione. Le prime analisi hanno già consentito di rilevare RNA di SARS-COV-2 in diverse aree del territorio nazionale nel corso dell’epidemia; inoltre, mediante indagini retrospettive, hanno rivelato la circolazione del virus in alcune aree del Nord in periodi antecedenti la notifica dei primi casi di COVID-19.

Come si sviluppa l’attività di lavoro?

Il programma di lavoro si articola in due fasi:

  • la prima fase, su base volontaria e autofinanziata dai partecipanti al progetto, prenderà il via nel mese di luglio. Questa sarà focalizzata su una rete pilota di siti prioritari, come le località turistiche.
  • la seconda fase, attivabile da ottobre sulla base delle risorse disponibili. Si prevede una rete di sorveglianza estesa a livello nazionale, focalizzata sugli aggregati urbani. Ci sarà anche la possibilità di realizzare anche monitoraggi flessibili e capillari (come quartieri cittadini e siti di depurazione di aeroporti), funzionali alle necessità di prevenzione sanitaria delle diverse aree territoriali. Tutto questo terrà conto dell’evoluzione degli scenari epidemiologici.

Le analisi svolte da tutte le strutture seguiranno un protocollo condiviso messo a punto dall’ISS. Verso questo confluiranno i dati raccolti nel territorio e l’Istituto Superiore di Sanità potrà anche svolgere approfondimenti analitici. Potrà anche curare l’aggiornamento e l’elaborazione dati su piattaforma GIS (Sistema Informativo Geografico) per la condivisione con le Autorità Sanitarie centrali e regionali.

Ecco chi ha aderito al progetto

La rete del progetto SARI includerà strutture territoriali quali ARPA, ASL, IZS, Università, centri di ricerca e gestori del servizio idrico integrato: grazie anche al supporto di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) oltre 50 gestori hanno aderito su base volontaria al progetto, mettendo a disposizione specifiche competenze e proprie strutture.