Vaccino anti-Covid: l’immunità ha bisogno dei richiami

Db Milano 26/03/2021 - prevenzione diffusione Coronavirus / foto Daniele Buffa/Image nella foto: vaccinazione anti-Covid 19 Drive Through

Obiettivo della campagna di vaccinazione della popolazione è raggiungere un’elevata copertura vaccinale con il completamento dei cicli attualmente autorizzati e con i richiami per ridurre la circolazione del virus e lo sviluppo di varianti e, in particolare, per prevenire efficacemente l’insorgenza di patologia grave e di decessi. La campagna è partita il 27 dicembre 2020 in Italia ed Europa con il vaccine day (in modo effettivo il 31 dicembre 2020). I vaccini sono offerti gratuitamente a tutta la popolazione, secondo un ordine di priorità, che tiene conto del rischio di malattia, dei tipi di vaccino e della loro disponibilità.

La somministrazione del richiamo con vaccino a mRNA in una popolazione del Qatar che presentava una risposta immunitaria non ottimale e che quindi poteva essere soggetta ad una maggiore vulnerabilità nei confronti dell’infezione, è stata oggetto di una ricerca (Hiam Chemaitelly e altri). Da questa, è emerso che la protezione nei confronti dell’infezione da Omicron è diminuita dopo il richiamo, quasi a voler significare la presenza di un imprintig immunologico negativo. A fronte di questi risultati va comunque segnalato che i richiami vaccinali hanno sostanzialmente ridotto l’infezione da COVID grave, in particolare negli individui più vulnerabili, il che riafferma il valore in termini di sanità pubblica della somministrazione della dose di richiamo.

La prevalenza e i fattori di rischio riferibili a sintomi da stress post-traumatico tra gli operatori cinesi a seguito della pandemia COVID-19, è stato oggetto di uno studio (Qi Li e altri) che è stato condotto tra il 15 marzo 2020 al 22 marzo 2020 a Wuhan e nella provincia di Hubei, cioè le prime aree maggiormente colpite da COVID-19. Oltre il 40% delle persone coinvolte ha manifestato sintomi da stress a più di un mese dopo lo scoppio dell’epidemia di COVID-19 e questa percentuale è salita al 57,7% negli operatori sanitari di Wuhan, specie se donne o in chi era in prima linea. Questo studio sottolinea la necessità di provvedere ad una rapida valutazione della salute mentale degli operatori sanitari ed approntare idonei interventi psicologici nel caso si sviluppino situazioni di stress, quali le epidemie. Uno studio si è focalizzato su un aspetto di primaria importanza rappresentato dal meccanismo di infezione di SARS-CoV-2 nei confronti delle cellule dell’ospite, dal momento che una migliore comprensione dei meccanismi coinvolti potrebbe rappresentare un elemento importante per la prevenzione ed il trattamento di COVID-19 (Lu Miao e altri).

Da questo studio è emerso il legame tra l’RBD della proteina spike con l’enzima ACE2 della cellula ospite, che si traduce con un meccanismo di endocitosi del virus, visibile attraverso il microscopio ad illuminazione strutturata (SIM). Una volta avvenuta l’internalizzazione si ha la formazione ed il trasporto di vescicole nelle quali avviene la degradazione del complesso RBD-ACE2. Questo permette, a sua volta, una sorta di riciclo che favorisce l’ulteriore ingresso del virus. Un richiamo vaccinale eterologo costituito dalla proteina spike di SARS-CoV-2 determina una risposta anticorpale duratura e piuttosto ampia contro il recettore di legame RBD. Questo è quanto emerge da uno studio (Tomohiro Takano e altri) che ha impiegato uno spike eterologo rispetto al richiamo omologo del vaccino Pfizer. In questo caso, si è osservata una migliore e più duratura risposta anticorpale nei confronti di BA.1 e BA.5, senza che ci fossero particolari eventi aversi sistemici. È stata studiata nel tempo la memoria immunitaria specifica nei confronti della proteina spike di SARS-CoV-2 in diverse categorie di soggetti: convalescenti vaccinati, non vaccinati, vaccinati che non avevano mai contratto l’infezione (Véronique Barateau e altri).

Gli individui del gruppo vaccinato convalescente (immunità ibrida), presentavano le più alte concentrazioni di anticorpi specifici 6 mesi dopo la vaccinazione e, rispetto agli individui vaccinati senza infezione, avevano una frequenza maggiore di cellule B di memoria. Da questi dati emerge quindi che una precedente infezione da SARS-CoV-2 è migliorativa in termini di protezione rispetto alla sola vaccinazione. Uno studio ancora non pubblicato, ma presente sulle piattaforme (Anastasia Chatzilena e altri), ha indicato che sia la 4° dose di vaccino monovalente e che la 5° dose di vaccino COVID-19 bivalente (BA.1/virus ancestrale), forniscono un uguale beneficio se somministrati per richiamo degli anziani, dal momento che conferiscono un’equivalente protezione nei confronti dell’ospedalizzazione. La conclusione a cui giunge questo studio è che nelle persone fragili è al momento consigliabile l’uso di una dose di richiamo di vaccino bivalente per fornire una buona protezione nei confronti della malattia grave.