Tutti i rischi della dipendenza da social

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La tragica notizia dell’incidente stradale a Casal Palocco in cui ha perso la vita un bambino di soli 5 anni e sono rimaste ferite gravemente la madre e la sorellina ci impone una riflessione sul ruolo degli influencer e degli youtuber. Negli ultimi anni si è assistito ad una radicale trasformazione dei processi di costruzione e condivisione della realtà e della identità sociale; cambiamenti che trovano la loro origine nei mutamenti degli strumenti di comunicazione, nella capillare diffusione della rete internet e dei social media.

Gli esperti parlano del fenomeno come di una fusione tra mondo digitale dei social media e mondo fisico delle relazioni interpersonali. In questo contesto sociale sono cambiati anche i modelli ispirativi di giovani e adolescenti: ruolo prioritario è oggi assunto dai cd. Influencer e dagli youtuber. Non sorprende che l’Enciclopedia Treccani ha, dal 2014, una voce dedicata proprio all’influencer quale “personaggio popolare in Rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare consumatori, e viene utilizzato nell’ambito delle strategie di comunicazione e di marketing”. Così come ha un’altra voce dedicata alla definizione di youtuber intesa come una “persona, di solito giovane, iscritta alla comunità del sito di condivisione YouTube®, che carica video originali in cui si esibisce in una sorta di spettacolo personale”. Accade di frequente che i due concetti coincidano in una sola persona che attraverso il sito Youtube esercita un variabile influenza su giovani e giovanissimi.

In un contesto sociale iperconnesso, come quello attuale, anche la ispirazione a modelli virtuali può trasformarsi in una tragedia e generare dipendenza. Basti pensare che secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore della Sanità 2 sono quasi 4,54 miliardi le persone che oggi sono connesse a Internet e, circa la metà della popolazione mondiale, 3,8 miliardi sono gli utilizzatori quotidiani dei social network (+9% rispetto al 2019); in Italia sono quasi 50 milioni i soggetti online ogni giorno e 35 milioni quelli attivi sui canali social; oltre 80 milioni di smartphone per una popolazione residente di 60 milioni.

In un simile scenario non può sorprendere l’incremento di fenomeni di dipendenza da relazioni virtuali e di emulazione di modelli virtuali, anche per non affrontare il rischio delle relazioni interpersonali reali e delle proprie emozioni. I modelli virtuali così come le relazioni online consentono alle persone di interagire con i dispositivi tecnologici in qualsiasi momento della giornata; di camuffarsi dietro molteplici identità; di fuggire dalle responsabilità quotidiane e lavorative; e di creare una diversa identità.

Può dunque accadere che giovani o giovanissimi creino relazioni virtuali con personaggi, che presentatisi come influencer, celino intenzioni criminose o comunque lesive. Pensiamo ai fenomeni come il cyber bullismo, le challenge, il sexting o il morphing; tutti collegati ad uso, rectius abuso, di internet e dei social.

In un simile contesto non è più possibile ritardare un intervento legislativo: per quanto complessi questi fenomeni richiedono con urgenza una disciplina legislativa che, per un verso, imponga il rispetto di ferree regole e, per altro verso, che educhi i giovani ad un utilizzo responsabile di internet e dei social e gli fornisca gli strumenti per poter orientarsi all’interno del cyberspazio.