Le tappe per la formazione del governo

La prima indicazione la darà il calendario. Vale a dire: eventuali crepe nella maggioranza di governo che si appresta a emergere dal risultato elettorale, potrebbero manifestarsi fin da subito o quasi, a partire dal 13 ottobre. O potrebbero non emergere per nulla, e anche in questo caso il segnale politico sarà chiaro.

Il 13 ottobre si insedieranno le nuove Camere. Primo atto politico della nuova legislatura, dovranno eleggere i presidenti delle due assemblee. Teoria vuole che non vi siano problemi, visti anche i numeri. Prassi dice invece che problemi ve ne potranno essere, giacché bisogna prima risolvere il rebus della concessione o meno alle opposizioni dello scranno più alto di Montecitorio (il centrodestra nel 1994, ad esempio, fece spallucce e impose due suoi esponenti). Quindi sarà necessario trovare l’intesa sui nomi, e anche qui i precedenti ci dicono che non è cosa né facile né scontata. È, di fatto, il primo passo verso la formazione del nuovo governo: chi avrà una presidenza avrà minor rappresentanza nell’esecutivo, non si scappa. Matteo Salvini ha già detto che vuole un posto – preciso – in un dicastero e che non è interessato a Palazzo Madama; Silvio Berlusconi si è sfilato per ritagliarsi il ruolo di regista della coalizione, e i malpensanti vi hanno visto subito il tentativo di tenersi le mani libere. Vedremo.

Non fa in tempo a partire il meccanismo che già i tempi stringono. Al netto di qualche settimana di pazienza, la legge di bilancio andrà fatta e varata per la fine di dicembre. Se le cose dovessero procedere senza intoppi, due giorni per costituire i gruppi parlamentari (che dovranno salire al Quirinale) e via alle consultazioni. Si dice il 17, si spera il 15: i tempi, per l’appunto, sono stretti e sulla carta maggioranza e Presidenza del Consiglio sono già preconfezionate.

Anche Sergio Mattarella sembra orientato a far presto. La presidente del Consiglio incaricata, a quel punto, farebbe un giro (si immagini rapidissimo) di consultazioni proprie e quindi giuramento e cerimonia della campanella, quella in cui il premier uscente consegna a chi gli viene dopo il tintinnino per aprire e chiudere le riunioni del Consiglio dei ministri. Segue votazione della fiducia da parte di Camera e Senato, spesso a 24 ore di distanza l’una dall’altra. Difficile metterci meno tempo: è necessario dopo ogni relazione della Presidente un dibattito in Aula e la replica, quindi la votazione vera e propria.

Facciamo due conti: se va bene, ma proprio bene, governo Meloni per il 23 novembre, mercoledì. Prima non si può fare e non è detto che sia un male: c’è il tempo per le intese necessarie, per gli aggiustamenti che lo metteranno al riparo da futuri malintesi.
O almeno così si spera, perché qualche volta questa fase delicata e complessa si è trasformata in un rodeo, dal quale la maggioranza di turno ha ricavato le prime ammaccature.

Si pensi al centrosinistra nel 2013, o anche alla ventina di giorni che ci mise Berlusconi a varare la sua prima lista dei ministri (con annesso scontro con Scalfaro sul nome di Previti). Il record sono i tre mesi per la nascita del Conte I.

Niente di scontato, quindi: ci si prepari a tutto, perché è il bello della democrazia. Uno non se ne deve adontare: per fare le ultime due coalizioni di governo Merkel, in Germania, ci hanno impiegato rispettivamente tre e sei mesi. La Germania è comunque rimasta la principale potenza europea.

Quest’anno, poi, si guardi alla effettiva distribuzione dei seggi all’interno del centrodestra e non tanto ai voti espressi nelle cabine elettorali. Si scoprirà che Lega e Forza Italia messe insieme hanno alla Camera solo un pugno di deputati in meno di Fratelli d’Italia. Tradotto: un potere contrattuale che va ben oltre l’8+8 delle urne rispetto al 26 percento. Se, per farla breve, volessero far capire subito alla Meloni che non saranno solo esecutori di ordini, Salvini e Berlusconi potrebbero iniziare fin dal 13 ottobre. Al contrario, se volessero agitare l’ulivo dell’intesa, ecco che nei suddetti dieci giorni tutto sarà andato a posto.

Non azzardiamo previsioni: per nostra incapacità a vaticinare ma anche perché, qualche volta, sedersi su una panchina limitandosi a vedere chi passa e chi torna non solo è molto comodo, ma ha anche il suo fascino