Solidarietà e vaccini in tempo di pandemia

Vaccino solidarietà

In queste settimane, l’Italia sta portando avanti la campagna vaccinale contro il Covid-19: una compagna volontaria, che vede impiegati in prima linea operatori sanitari ed amministratori. I sanitari in questa campagna vaccinale svolgono un duplice ruolo: sono gli indispensabili somministratori del farmaco; ma anche i destinatari dello stesso. Considerate le percentuali di consensi espressi dalla categoria dei sanitari alla somministrazione del vaccino e l’impegno che da oltre un anno stanno ininterrottamente profondendo, una cosa è certa: gli operatori socio sanitari stanno dimostrando non solo competenza, diligenza e attenzione ma anche solidarietà.

La solidarietà non è solo un principio etico e religioso, ma è anche un dovere civico; un dovere imposto dall’art. 2 della Costituzione. La Repubblica italiana richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Tali doveri sono definiti inderogabili per tutti i consociati e rappresentano le basi della nostra democrazia e del nostro vivere in società. La pandemia che stiamo affrontando ha reso evidente come l’art. 2 della Costituzione e i doveri di solidarietà non siano dei concetti astratti, ma molto concreti. E’ in applicazione di questi doveri che viene richiesto ai cittadini di rispettare le norme di contenimento della diffusione del virus; di limitare gli spostamenti; di tenere anche nelle propria mura domestiche una condotta responsabile; di rinunciare a trascorrere le festività con i propri cari; di rinunciare alle proprie attività sportive preferite.

Tutte queste limitazioni alle nostre libertà trovano fondamento nei principi fondamentali posti alla base della Carta Costituzionale: la tutela della salute, privata e pubblica, e il dovere di solidarietà. Ebbene questi stessi principi sono, storicamente, alla base delle normative statali sulle profilassi vaccinali. Risale al 1853 il Vaccination Act del Regno Unito che rappresenta uno dei primi provvedimenti adottati da uno Stato nazionale per imporre una profilassi vaccinale obbligatoria; ma anche il nostro Paese ha, a più riprese, introdotto vaccini obbligatori per garantire la riduzione di malattie infettive, assicurare la salute dei più vulnerabili e ottenere un effetto di immunità di gregge (riprendendo una locuzione molto usata negli ultimi mesi).

Il dibattito etico e politico sulla imposizione di trattamenti sanitari obbligatori e in particolari di vaccini è ciclicamente presente. Non c’è, quindi, da meravigliarsi se una scoperta scientifica così importante quale il vaccino per il Covid – 19 abbia riacceso dibattiti e discussioni, in verità mai sopiti; e ciò nonostante la profilassi sia in questo momento facoltativa e per di più riservata, data la scarsità di dosi, a poche categorie professionali ad alto rischio di contagio e di diffusione. Certo è che a valle delle convinzioni personali e rimanendo su un piano strettamente giuridico, la previsione di trattamenti sanitari imposti dalla legge coinvolge temi di fondamentale rilevanza, incidendo sui rapporti fra potere pubblico e libertà individuale e sul bilanciamento di diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, e richiede un’attenta disciplina che coinvolge, ad esempio, le modalità di somministrazione dei vaccini, le manifestazioni di consenso, le responsabilità per ogni eventuale conseguenza avversa.

Di tutto ciò ne è pero consapevole il legislatore che pur essendosi limitato a somministrare il vaccino da Codiv -19 su base volontaria ha prontamente introdotto delle disposizioni sulla manifestazione del consenso per gli incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite. Con il decreto legge del 5 gennaio 2021, n. 1 – art. 5 – infatti, si prevede che ove non siano reperibili entro 48 ore il curatore, il tutore o l’amministratore di sostegno dell’incapace, sarà il direttore sanitaria o, in mancanza, il responsabile medico della struttura ad assumere la funzione di amministratore di sostegno per la prestazione del consenso alla somministrazione del vaccino. Questa disposizione responsabilizzando il direttore sanitario della struttura sanitaria assistita, assicura proprio a quelle persone più vulnerabili che non sia in grado di manifestare il proprio consenso la possibilità di ottenere la somministrazione del vaccino.