La prerogativa inderogabile della Medicina moderna

Da molti anni, almeno in Italia ed in Europa, l’accesso dei cittadini ai servizi sanitari ed alle cure è considerato parte del welfare ed è gratuito ed universale per tutti. E’ questo un valore che si è fatto progressivamente strada dopo la seconda guerra mondiale e che è passato inizialmente attraverso le “mutue”, intese come soggetti eroganti prestazioni non a tutti, ma solo agli aventi diritto, in quanto appartenenti a determinate categorie lavorative e professionali.

Da secoli, nell’ottica che la medicina doveva essere intesa come auxilium e remedium delle affezioni del corpo, la Chiesa ha promosso, attraverso l’istituzione di alcuni ordini religiosi, come ad esempio i Camilliani e l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio ed altri, la creazione di ospedali che accoglievano indistintamente tutti, anche se erano precipuamente rivolti a chi non aveva la possibilità di pagarsi le cure. Del resto, già nel Medioevo, uno dei più antichi ospedali al mondo, quello di Santo Spirito in Sassia a Roma, era stato istituito per fornire l’assistenza sanitaria ai pellegrini sassoni giunti nella “città eterna”. Inoltre, nella città di Roma, che per la presenza del Santo Padre da sempre ha avuto una forte vocazione all’accoglienza dei pellegrini, sono state costruite diverse strutture sanitarie, ancora oggi esistenti e funzionanti, che provvedevano alle cure degli ammalati provenienti da diverse città italiane o straniere. Ad esempio, a Trastevere, era presente una Confraternita a vocazione sanitaria con sede presso San Giovannino dei Genovesi, che era dedicata all’assistenza ed alla cura dei cittadini della Repubblica di Genova.

Dopo che per secoli c’è stato questo straordinario, ininterrotto, impegno nel campo sanitario da parte della Chiesa che si è posta al servizio dei più poveri ed emarginati, in anni più recenti si è fatto strada nella società civile il riconoscimento del valore universale della salute come bene inalienabile dell’uomo. A questo proposito, è interessante notare come ci sia stato, in questi ultimi anni, un cambio di terminologia che ha riflettuto, anche nella denominazione, questa nuova visione. Infatti, il Ministero della Sanità da alcuni anni, a giusto titolo, viene definito come Ministero della Salute, sancendo in questo modo una differenza terminologica che non è soltanto formale, ma sostanziale nell’intendere la salute come bene universale.

Assicurare a tutti, sia a chi se lo può permettere sia a chi è nell’indigenza, lo stesso tipo di trattamento sanitario e la stessa opportunità di accesso alle cure è una prerogativa inderogabile della medicina moderna, in continuità ideale con gli aspetti più nobili di questa scienza, fin dall’antichità definita ars longa in contrapposizione alla vita brevis.

Questo approccio universalistico, accettato e praticato nei paesi industrializzati dei diversi continenti, non trova però applicazione, come dovrebbe, in tutto il mondo ed anche nei paesi dove esso è presente permangono delle sacche di invisibili, immigrati ed irregolari che sono esclusi dalla fruizione dei servizi sanitari. In un’ottica globale in ancora troppi paesi nel mondo ci sono delle difficoltà nell’offerta sanitaria che purtroppo si riflettono in modo grave sulla salute delle persone. A questo proposito riferisco di una esperienza personale. Ho avuto il privilegio di dirigere per 12 anni, dal 2006 al 2018, il Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale che ha promosso centinaia di progetti per conto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in paesi a risorse limitate dell’Africa. Da questo osservatorio privilegiato, ho potuto intercettare i bisogni delle diverse realtà africane con le quali abbiamo interagito e toccare con mano la difficoltà di accesso ad una sanità di tipo universale per la carenza di strutture ospedaliere, di sanitari specializzati, di macchinari moderni e da ultimo di farmaci specifici. A questo proposito, i tre big killer dell’Africa (e dei paesi a risorse limitate) cioè, malaria, tubercolosi ed HIV/AIDS, che inducono effetti devastanti anche in termini di letalità sulle popolazioni di questo continente, potrebbero trovare adeguato ed efficace contrasto se la salute fosse finalmente acquisito come bene universale.

Qualche segnale che indica un’inversione di tendenza rispetto a questa difficile realtà si è manifestato nel campo della terapia dell’HIV/AIDS nei paesi a risorse limitate. Mi riferisco in particolare a quanto avvenuto nella terapia dell’HIV/AIDS nei paesi dell’Africa a partire dall’anno 2000, quando grazie ad una mobilitazione mondiale che ha smosso le coscienze è stato possibile assicurare, in tempi relativamente brevi, l’accesso gratuito ad un vasto numero di persone affette da tale patologia. Questa straordinaria iniziativa, che è passata attraverso la sospensione da parte delle industrie farmaceutiche dei brevetti e la realizzazione di farmaci generici, ha consentito in pochi anni di poter drasticamente ridurre il numero dei nuovi contagi, dei nuovi malati e soprattutto dei morti a causa di HIV/AIDS.

Nel corso della storia dell’umanità sono state numerose le pandemie che hanno messo a dura prova questo concetto della medicina come bene universale ed anche l’attuale pandemia da COVID-19 non fa eccezione. Basta osservare la campagna vaccinale che, attraverso un gigantesco sforzo di produzione, distribuzione e somministrazione, ha raggiunto numeri rimarchevoli in Italia, in Europa, nel Nord America ed in alcune parti dell’Asia, ma che è di fatto preclusa ai paesi a risorse limitate, che rappresentano la maggioranza del mondo. Citando le parole di Papa Francesco, che in più di una occasione ha richiamato all’obbligo della solidarietà i paesi ricchi verso quelli più poveri, bisognerà che in tempi brevi ci sia una mobilitazione generale tale da ottenere  un accesso globale alla vaccinazione anti COVID-19  a cui potrebbe seguire nel migliore degli auspici, una volta passata la pandemia, una collaborazione paritaria nel campo sanitario tra i paesi sviluppati e quelli a risorse limitate per il raggiungimento di quel bene universale che è la salute uguale per tutti.