La missione di ognuno di noi: garantire che i diritti umani universali siano goduti da tutti

Foto di Christian Lue su Unsplash

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi (…) devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Così proclama solennemente il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata a Parigi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Il mondo usciva dalla devastazione della seconda guerra mondiale e nonostante fosse già diviso nei due blocchi contrapposti che avrebbe caratterizzato la guerra fredda, dopo due anni di lavoro la commissione incaricata di redigere la Dichiarazione, presieduta da Eleanor Roosevelt, vedova del presidente americano, e composta da rappresentanti di tutto il mondo, riuscì a trovare un accordo. Lo scopo principale della neonata organizzazione delle Nazioni Unite era quello di non permettere che si ripetessero più quelle atrocità.

Un preambolo e trenta articoli in cui si ribadiscono i concetti fondamentali di dignità, eguaglianza, libertà e fratellanza di ogni essere umano. Un termine, quest’ultimo, non casuale. Inizialmente l’articolo 1 recitava: “Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali“. Fu Hansa Mehta, una scrittrice dell’India, a proporre di non parlare di uomini ma di esseri umani. Sosteneva che alcuni paesi avrebbero potuto utilizzare una tale formulazione per limitare i diritti delle donne e si batté affinché la Dichiarazione riprendesse una formulazione più ampia. Il cambiamento di un termine dettò la differenza. Nessuno pensava che la Dichiarazione avrebbe portato ad uno storico processo di generalizzazione della protezione dei diritti umani su scala universale. La Dichiarazione, infatti, non rappresenta solo un documento di indirizzo politico ma oggi costituisce di fatto il fondamento ultimo del sistema internazionale della protezione dei diritti umani nel mondo. Inoltre essa si basa sul concetto di interdipendenza dei diritti umani.

Oggi, dopo esattamente 75 anni dalla Dichiarazione, nonostante i progressi, sono sotto i nostri occhi le violazioni dei diritti umani e la conseguente mancanza di tutela della dignità della persona. L’invasione russa in Ucraina, la repressione del regime iraniano contro le donne, il massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre ed infine i bombardamenti israeliani su Gaza. Frattanto nel mondo continuano le migrazioni di milioni di persone che fuggono da povertà, condizioni climatiche avverse, conflitti. Persone che nel momento in cui migrano irregolarmente in diversi paesi, attraversando interi continenti, sono del tutto privi di diritti e sottoposti ad ogni forma di sopraffazione.

Situazioni in cui gli esseri umani hanno rinunciato ad “gire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” come recita la Dichiarazione. Sì perché le enunciazioni della Dichiarazione Universale dei diritti umani devono essere applicate non solo dagli Stati, ma da ogni singola persona. E’ missione di ognuno di noi garantire che i diritti umani universali siano goduti da tutti, ovunque, in ogni fase della loro vita. Diritti che affondano le loro radici nella dignità che appartiene a ogni essere umano, che è insita nella vita umana, eguale in tutte le persone ed è donata da Dio. Come ha spiegato Monsignor Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, “la fonte ultima dei diritti umani non va ricercata nella mera volontà dell’uomo, nella realtà dello Stato, nei poteri pubblici, ma nell’uomo stesso e in Dio, suo Creatore. E allora i diritti umani non sono una concessione da parte di uno Stato o di un governo, semmai è loro dovere promuoverli e tutelarli”.

I diritti umani riguardano tutti perché ognuno di noi detiene il bene dell’altro in una magnifica e misteriosa interdipendenza che ci rende fratelli e sorelle. Per questo Papa Francesco, nel discorso del 9 gennaio scorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, si è appellato “alle coscienze degli uomini e delle donne di buona volontà affinché si impegnino a salvaguardare i diritti dei più deboli e a combattere la cultura dello scarto che colpisce i nascituri, i malati, i disabili e gli anziani”.