Meloni a Bruxelles: non una trasferta d’ordinanza, ma una missione di sostanza

Sul tavolo della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la pratica più importante riguarda il provvedimento a sostegno di famiglie e imprese, che dovrebbe andare a mitigare il caro bollette e che vedrà la luce nella riunione, in programma a palazzo Chigi, venerdì prossimo. Con la squadra di governo al completo, la premier ha tutta l’intenzione di correre spedita e la sua agenda non smentisce questa volontà.

Ieri, mercoledì due, il giuramento dei sottosegretari e oggi, giovedì 3, la prima uscita fuori dai confini nazionali per un confronto con i vertici europei. A Bruxelles la Meloni vedrà prima la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, poi Ursula von der Leyen e infine il faccia a faccia con Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo. L’incontro più atteso è quello con la presidente della Commissione Europea: sul tavolo il prezzo dell’energia, la guerra in Ucraina e l’attuazione del Pnrr. E non solo. Inevitabilmente l’inquilina di Palazzo Chigi, dovendo attestare in Europa la posizione del suo governo, parlerà anche di immigrati e ricollocamenti, e dei nuovi rapporti di forza fra le componenti in campo. “La mia idea di Europa è quella di un’Europa confederale in cui viga il principio di sussidiarietà. Non faccia Bruxelles quello che può fare meglio Roma, non agisca Roma lì dove, da soli, non si è competitivi“, dice il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Bruno Vespa nel libro “La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni”, in uscita il 4 novembre da Mondadori Rai Libri . “Abbiamo avuto un’Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi materie. Non converrebbe lasciare agli Stati nazionali il dibattito sul diametro delle vongole e occuparsi invece a livello comunitario dell’approvvigionamento energetico?”. Quanto a “definirci atlantisti, ma non europeisti mi pare francamente un’idiozia. Oggi tutto è estremamente ideologico”. dice La Meloni nel libro di Vespa, “passa la vulgata che sei europeista se sei federalista. Il federalismo europeo accentra, mentre il federalismo nazionale decentra. Che senso ha? Vogliamo dire che il Superstato europeo non ha funzionato? In Europa, gran parte del potere decisionale è in mano alla Commissione, che viene indicata dai governi, ma nel nostro ordinamento la sovranità è del popolo che la esercita attraverso il Parlamento. C’è qualcosa che non funziona, soprattutto in una Repubblica parlamentare come la nostra”.

Dunque, nessuna trasferta d’ordinanza, quella della Meloni, ma una missione di sostanza. Soprattutto sotto il profilo economico. L’Europa, ricordiamolo, attende che l’Italia consegni la Nota di aggiornamento al Def programmatica, la «cornice» della legge di Bilancio 2023, il cui testo sarà varato venerdì, sempre secondo la road map dettata dai «tempi strettissimi», come confermato dal presidente del Consiglio. Alla Von der Leyen Giorgia Meloni dovrebbe proporre un extradeficit pari al 4,5%, mentre il governo Draghi aveva ipotizzato nell’ultima versione del Def un indebitamento netto del 3,4. Si tratterebbe, quindi, di un punticino in più che libererebbe circa 20 miliardi di risorse. Che, aggiunti agli altrettanti già preventivati, porterebbe il conto della prima manovra del governo Meloni a circa 40 miliardi. La parte principale sarà dedicata al caro bollette, il resto servirà a dare un primo assaggio delle promesse elettorali, a partire dall’innalzamento della soglia della flat tax per le partite Iva dai 65mila euro attuali a centomila. Inoltre nel provvedimento dovrebbe trovare spazio anche la tregua fiscale e il regime transitorio delle pensioni, per evitare lo scalone di cinque anni che determinerebbe il ritorno in vigore della legge Fornero senza interventi. Per quanto riguarda i tempi, invece, il testo potrebbe essere licenziato dal Consiglio dei ministri al ritorno di Meloni dal G20 di Bali, quindi intorno al 20 novembre.

La prossima settimana, inoltre, dovrebbero costituirsi le commissioni permanenti di Camera e Senato ed essere eletti i presidenti, un passaggio fondamentale per avviare la sinergia tra esecutivo e Parlamento in vista proprio dell’esame della manovra e della scadenza fissata per l’approvazione al 31 dicembre. Insomma, il programma è particolarmente intenso, e proprio per questo deve essere seguito, ed eseguito, con particolare attenzione, tanto da Palazzo Chigi quanto dalla maggioranza che sostiene il governo Meloni. Invece, ancora una volta, le tensioni dettate dalle posizioni degli alleati rischiano di rallentare i tempi e diminuire l’efficacia di alcuni provvedimenti. Ma questa è materia da politica interna sulla quale esercitarsi nei prossimi giorni.

Nel frattempo, a voler chiudere il cerchio europeo, la Meloni porta a Bruxelles un altro tema da svolgere. “Una politica estera europea non esiste: sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa cosa è accaduta sulla crisi ucraina. Poi, invece, vediamo che l’Europa deve occuparsi di gender…”, dice il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel nuovo libro di Vespa. Per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, non mancherà il lavoro nelle prossime settimane.