La paura che imprigiona

Ne basta uno soltanto. La strategia del terrore non necessariamente deve contemplare carneficine. Lo abbiamo visto con i primi video dell’Isis, nei quali un singolo prigioniero veniva sgozzato a favore di telecamera. Il segnale era chiaro: “ora lo facciamo qui, ma arriveremo”. I jihadisti lo postavano sui social e ottenevano l’effetto sperato: la tensione saliva, i governi discutevano, l’opinione pubblica veniva sferzata dall’onda emozionale.

Ora la storia si ripete, in barba a tutti i protocolli di sicurezza. Basta un solo uomo, infatti, a scatenare il panico. E’ accaduto a Nizza, ora di nuovo a Londra. Al netto delle carenze di intelligence, evidenti in Francia, resta il fatto che non è possibile controllare ogni singolo ponte, negozio, strada, locale, teatro, ufficio. E i terroristi – il cui nome definisce la ‘mission’ – lo sanno. Puntano su questo.

Singole entità – cellule dormienti, le chiamano in gergo – che vengono utilizzate a comando, per lo più per ritorsione. Non è una dimostrazione di forza, non è così che si può vincere una qualsivoglia guerra, ma serve a mantenere l’attenzione su una battaglia ideologica o di religione, e fungere da catalizzatore. Per ottenere nuovi adepti pronti ad immolarsi con lo stesso cliché, e dunque così andare avanti all’infinito.

Perché il vero obiettivo non è conquistare l’Occidente, ma metterlo in crisi. Farlo vivere nella paura, costringerlo a spendere in maniera esponenziale per garantirsi una coltre di sicurezza che poi, alla fine, si taglia… con un coltello, come davanti a Westminster.

La grande Europa torna a convivere con la paura dell’Isis, (quasi) sconfitto sul campo ma non nelle menti e nei cuori di chi è stato soggiogato dal messaggio integralista, ed è pronto a colpire nuovamente. Anche senza uno specifico mandato.

Non a caso fin dalle prime notizie provenienti da Londra, il ministro dell’Interno Minniti è rimasto in costante contatto con i vertici delle forze di polizia e dei servizi d’intelligence, per seguire da vicino l’evoluzione e gli sviluppi di quanto accadeva nella capitale inglese. Tra poco infatti Roma accoglierà capi di Stato, di governo e vertici europei in occasione delle cerimonie celebrative del 60esimo Anniversario della firma dei Trattati di Roma che si terranno il prossimo 25 marzo.

Gli accordi, firmati nel 1957 in Campidoglio, sancirono l’inizio della grande avventura europea. Il 25 marzo 1957 nacque infatti la Comunità Economica Europea, con sei Paesi fondatori: Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Olanda e Germania ovest.

La Capitale prepara la giornata di sabato con uno degli apparati di sicurezza più imponenti degli ultimi 10 anni, persino più del Giubileo: cecchini sui tetti, 39 varchi, 3 mila agenti in strada, e i servizi segreti impegnati allo stremo per carpire informazioni, notizie, soffiate. Le scuole chiudono, i tombini vengono controllati uno a uno e sigillati.

La paura, proprio quella che i terroristi vogliono instillare come un veleno, c’è. Ma a Roma il pericolo è doppio: attesi black bloc da Francia, Germania e Grecia. L’Europa è una polveriera, attaccata da fuori e da dentro. E noi ne saremo al centro, come in un mirino.