La libertà religiosa sotto il tallone della persecuzione

Quasi nessuno nelle società occidentali considera le violazioni alla libertà religiosa una grave emergenza. Eppure basterebbero alcuni numeri a smentire questa ricercata indifferenza. Oltre 416 milioni di cristiani vivono infatti in nazioni in cui è presente e attiva la persecuzione in odio alla fede. Se si superano i confini delle comunità cristiane si scopre addirittura che oltre 4 miliardi di persone vivono nei 26 Paesi considerati da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) fra quelli in cui vengono perpetrate le più gravi persecuzioni in odio alla fede e le cui vittime sono non solo cristiani ma appartenenti a ogni credo e confessione.

Quasi la metà di questi Paesi si trova in Africa. Nell’area sub-sahariana dal 2018 le violenze si sono diffuse con una ferocia inimmaginabile. Questi conflitti hanno avuto come co-protagonisti i gruppi armati islamisti, sia locali sia transnazionali, impegnati in una persecuzione mirata e sistematica di quanti non accettano la loro ideologia politico-religiosa deviata, siano essi cristiani o musulmani. Negli ultimi due anni la regione sub-sahariana è diventata un rifugio per oltre due dozzine di gruppi jihadisti che operano attivamente, e sempre più in collaborazione tra loro, sul territorio di 14 Paesi, innanzitutto Burkina Faso, Niger, Ciad, Mali, Camerun e Nigeria. In questa lista del terrore figurano anche formazioni affiliate al sedicente Stato Islamico e ad Al-Qaeda.

Mentre la libertà religiosa in Africa soffre a causa delle violenze intracomunitarie e di quelle jihadiste, in Asia la persecuzione dei gruppi religiosi è prevalentemente opera delle dittature di matrice marxista. In Cina, dove quasi 900 milioni di persone su una popolazione di 1,4 miliardi aderiscono a qualche forma di spiritualità o religione, il controllo da parte del governo, con l’uso della tecnologia, è implacabile. In Corea del Nord non sono riconosciuti i diritti umani fondamentali e la persecuzione prende di mira qualsiasi gruppo che sia percepito come contrario al culto della personalità di Kim Jong-un. Ai cristiani viene riservato un trattamento particolarmente duro.

In Myanmar le aggressioni in corso contro i cristiani nello Stato di Kachin sono state compiute contestualmente a un massiccio attacco a più fasi da parte dell’esercito e di altri gruppi armati contro la popolazione Rohingya, a maggioranza musulmana, presente nello Stato di Rakhine.

In Asia una grave sfida alla libertà religiosa viene anche dal nazionalismo etnico-religioso. L’esempio più esplicito di questa tendenza è l’India, Paese con una popolazione di quasi 1,4 miliardi di persone, a maggioranza induista ma con una significativa presenza di appartenenti a minoranze religiose, tra le quali quelle cristiana e islamica. Il partito al potere, il Bharatiya Janata Party (BJP), promuove una visione ideologica oppressiva che concepisce l’India come una nazione induista per natura.

In Pakistan donne e minorenni appartenenti alla «religione sbagliata», innanzitutto quella cristiana, vengono rapite, violentate e obbligate ad abbandonare la loro fede attraverso le cosiddette conversioni forzate all’Islam. In quanto appartenenti a minoranze religiose, e dunque di fatto cittadine di seconda classe, queste donne e bambine hanno poche o nessuna possibilità di ottenere giustizia.

A questo drammatico quadro vanno aggiunti i 36 Paesi nei quali la libertà religiosa non è costituzionalmente garantita e le nazioni, anche europee, in cui è attiva quella che Papa Francesco chiama la persecuzione «travestita di cultura, modernità e progresso». La libertà religiosa, nel civilissimo XXI secolo, non è mai stata così minacciata.

Alessandro Monteduro, Direttore “Aiuto alla Chiesa che Soffre”