La guerra al tempo del Coronavirus

L’Italia si è fermata, le strade sono vuote, le famiglie sono costrette a rimanere a casa, ma c’è un’industria che continua a produrre. Quella militare. All’articolo 1, lettera h del Dpcm del 22 Marzo si legge: “sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale”.

La denuncia delle associazioni che lottano per la Pace non si è fatta attendere. Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la Pace, spiega che in questi giorni di blocco “continuerà a Cameri in provincia di Novara la produzione degli F35”, cacciabombardieri che possono “trasportare bombe nucleari”. Il costo di un singolo aereo ammonta a 150 milioni di euro e l’associazione si chiede “quanti respiratori si potrebbero acquistare?”. La Rete Disarmo fa notare che negli ultimi anni le spese militari in Italia siano cresciute fino a raggiungere i 25 miliardi di euro nel 2019. Al contrario quella sanitaria è diminuita, comportando una riduzione dei posti letto: nel 2017 erano 3,2 posti letto per mille abitanti contro la media europea del 5.

Negli Stati Uniti, dove l’emergenza Coronavirus sta arrivando in questi ultimi giorni, la Boeing ha deciso immediatamente di chiudere per due settimane il suo stabilimento nello Stato di Washington, vicino Seattle. Una decisione senza precedenti nella storia di questo produttore di aerei che ha un fatturato di 77 miliardi di dollari l’anno.

Lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres, ha lanciato un accorato appello alla solidarietà tra i popoli e all’unità d’intenti. “Chiedo un cessate il fuoco, globale e immediato, in tutti gli angoli del mondo. È tempo di bloccare i conflitti armati e concentrarsi sulla vera lotta delle nostre vite. Alle parti in guerra dico: ritiratevi dalle ostilità”. Per la stessa ragione l’ONU ha chiesto anche la sospensione delle sanzioni economiche imposte contro alcune nazioni del mondo. Tra queste vi sono Iran, Corea del Nord, Cuba, Venezuela e Zimbabwe.

“La violenza con la quale il coronavirus si abbatte su di noi mostra quanto sia folle farsi la guerra in questo momento – continua Guterres – Deponete le armi, è l’ora di lasciare i conflitti dietro di noi e di concentrarci sulla vera battaglia comune. Fate tacere i cannoni e bloccate i bombardamenti aerei“.

Molte guerre affliggono alcuni tra i paesi più poveri della terra. Paesi che non dispongono di sistemi sanitari efficienti e dunque più indifesi rispetto al rischio di una catastrofe sanitaria a causa della pandemia. Un monito chiaro: la guerra è una follia, ma la guerra al tempo del Coronavirus è ancor più folle.