Se il coronavirus è una guerra, le case di riposo sono il fronte

Viaggio in uno dei luoghi più pericolosi nella lotta alla pandemia attraverso le parole di Angelo Chiorazzo, fondatore di Auxilium

Case di riposo, luoghi in cui gli anziani, i nostri genitori e nonni, trascorrono gli ultimi anni della loro vita. Si tengono compagnia, aspettano con ansia la visita dei parenti, ricevono le cure di cui hanno bisogno. Sono le stesse strutture che oggi, in piena emergenza da coronavirus, rappresentano un grave pericolo per loro: uno dei rischi maggiori è infatti il contagio in questi centri che possono trasformarsi in poche ore in veri e propri focolai per coloro che sono i soggetti più fragili ed esposti al fuoco mortale del Covid -19. Storie di vita che si trasformano in storie di morte come ha raccontato a Interris.it Angelo Chiorazzo, fondatore della Cooperativa Auxilium: malati terminali che chiedono di poter vedere per l’ultima volta le persone care e l’obbligo di dover dire di no. Un dolore per chiunque, per chi se ne va e per chi resta.

Dottor Chiorazzo c’è una storia in particolare che la ha colpita durante questi giorni difficili?
“Una storia che mi è arrivata qualche giorno fa, che mi ha davvero spezzato il cuore. Mi ha chiamato il nostro responsabile dell’area commerciale che vive a Bari e mi ha raccontato come nell’hospice Karol Woytila di Minervino dove dimorano i pazienti terminali, un signore ci ha chiesto implorandoci di poter salutare la moglie per l’ultima volta perché sa che se le cose vanno per le lunghe rischia di non vederla più. Ecco lì ti crea veramente una difficoltà enorme il dover dire che ci sono regole ferree e che facendola entrare si rischia di infettare tutti. È stata veramente dura dire di no.”

Molti operatori sanitari si contagiano. Qual è la condizione dei vostri infermieri?
“Ad oggi, grazie a Dio, nelle nostre ancora non è successo niente. Abbiamo avuto due o tre casi sospetti: sono stati immediatamente ricoverati e sono tornati negativi. Proprio per tale ragione vorrei rivolgere un appello al Governo. Questo è il momento di fare i tamponi a tutte le persone fragili. Nelle case di riposo e nelle Rsa vanno eseguiti i tamponi a tutti i pazienti e agli operatori sanitari. Non bisogna guardare ai costi. Le faccio un esempio: adesso ci troviamo a dover comprare i dispositivi di protezione individuale a prezzi assolutamente pazzeschi e fuori mercato. Fino a due mesi fa una mascherina chirurgica costava 0,05 centesimi, oggi arriva a costare 80 centesimi, in alcuni casi addirittura un euro. Qui deve intervenire lo stato perché nel giro di poco tempo nessuno sarà più in grado di sostenere tali costi.”

Gli infermieri hanno paura di venire a lavoro?
“Sì, molti cominciano ad aver paura. Ma devo dire che in questo momento bisogna ringraziare medici, infermieri, operatori socio-sanitari e gli ausiliari. Non dimentichiamo anche gli addetti alle pulizie che, ora, hanno un ruolo fondamentale perché il virus si combatte anche attraverso un’igiene molto attenta. Ma è chiaro che con l’aumento dei contagi tra i sanitari sarà sempre più difficile sostituire gli infermieri o gli operatori socio-sanitari, i quali vengono, sempre più spesso, chiamati per lavorare negli ospedali. Così si lascia scoperto un settore delicatissimo.”

Gli anziani soffrono molto la distanza dai loro cari?
“Gli anziani spesso dicono ‘abbiamo visto la guerra non immaginavamo di dover vedere anche questo’. Ma noto in loro una certa preparazione a tali eventi. Molti hanno vissuto esperienze già forti e le accettano. Quello che non è certamente mancato finora è il calore familiare: siamo riusciti, grazie alla bravura degli operatori, a farli vedere con le videochiamate ai figli e ai nipoti. Una modalità nuova che in alcuni casi si è scoperta anche bella perché con questi mezzi possono parlare con i loro cari che magari prima vedevano una volta a settimana o al mese. Li fa sentire anche più vicini.”

Che dispositivi utilizzate per le video chiamate?
“Utilizziamo cellulari, tablet e postazioni computer a seconda della possibilità di mobilità del paziente. I nostri clienti li usano costantemente con il supporto dei nostri operatori. Così sono in grado di rimanere in contatto con i loro familiari.”

Nel primo momento di chiusura come hanno reagito i familiari?
“All’inizio non capivano. Abbiamo chiuso un mese fa, anticipando le misure del governo di una decina di giorni. Perciò, abbiamo spiegato che, essendo queste persone fragili, se il virus colpisce un solo paziente è un disastro per tutti. Alla fine lo hanno accettato.”

Per quanto riguarda gli anziani con patologie psichiche, come avete fatto a spiegare loro questa emergenza?
“Per questo, devo dire, fanno un grande lavoro gli psicologi della nostra cooperativa, sia per quanto riguarda i pazienti psichiatrici sia per i bambini. È difficile far capire loro perchè non si può uscire, perché si devono fare le lezioni scolastiche sul computer. All’inizio sembra tutto un gioco ma presto quella spensieratezza si trasforma in angoscia. Quindi è chiaro il ruolo essenziale svolto dal servizio psicologico.”

Vi sentite protetti dallo Stato?
“Su questo voglio essere chiaro. Ora non bisogna fare assolutamente alcun tipo di polemica perché la situazione è più grande di tutti noi, è drammatica. Molti dicono che non bisogna utilizzare il termine guerra perché non lo è, ma io invece lo voglio utilizzare. È una guerra con forme diverse: non ci sono le bombe ma ci sono danni alle persone e danni economici propri di una guerra. Non ci siamo sentiti abbandonati dallo Stato anche se siamo tutti in difficoltà. I membri del governo deputati a prendere decisioni così importanti hanno sulle spalle un peso ideale, morale ed emotivo enorme. Sanno che le loro scelte entreranno nei libri di storia. Ma bisogna tenere alta l’attenzione sulle case di riposo perchè altrimenti nei prossimi venti o tenta giorni potrà essere veramente una tragedia.”

Quali misure di sicurezza avete intenzione di prendere per le vostre case di riposo e per gli anziani?
“Il vero grande problema di questo momento sono proprio le case di riposo e le Rsa. Sono il punto debole di questa catena di controllo. Noi abbiamo, già un mese fa, deciso di chiudere completamente degli accessi alle case di riposo, agli hospice e Rsa ai familiari. L’accesso è quindi consentito solo ai lavoratori, abbiamo allo stesso tempo, come già detto, attivato la possibilità di fare videochiamate con i familiari anche due o tre volte al giorno, di modo che non si recida il legame. Anzi, a dire la verità con queste tecnologie può anche aumentare. È importante intervenire in questo settore, perché i contagi nella case di riposo sono inevitabili. Per quanto si possa fare attenzione basta una persona positiva al coronavirus per contagiare tutti gli altri. Far entrare questo maledetto virus in una casa di riposo significa purtroppo avere poche possibilità di salvarne gli ospiti: sono loro i più fragili e i più esposti al Covid-19.”