Sabina Vennarini è radiologa, radioterapista, oncologa pediatrica e dirigente medico presso il Centro Protonterapia di Trento. In queste ore di emergenza sanitaria dovuta ai contagi da Covid-19, la sua allerta, già alta per il ruolo delicato che ricopre, si è ulteriormente alzata. L’impegno, suo e di tutto il personale sanitario, è tutto proiettato verso quelli che lei chiama “Cuccioli”, i piccoli, fragili pazienti. La sua è una storia di eroismo del quotidiano, fatta di sacrifici e impegno che, specialmente negli ultimi tempi, non riposa mai.
Dottoressa, nelle ultime ore in Italia si sono registrati i primi casi di contagio da Covid-19 fra i bambini. È preoccupata per loro?
“Chiaramente la categoria dei bambini oncologici è potenzialmente a rischio, come altre categorie di pazienti, come i malati con patologie respiratorie e gli anziani. Il paziente oncologico pediatrico è sicuramente una categoria a rischio! Viste le poche conoscenze del fenomeno di contagio e di cura, è richiesta la nostra massima attenzione e prudenza”.
Lei ha quotidianamente a che fare con i bambini e i genitori. Com’è il suo approccio verso di loro in questi tempi? I genitori le appaiono più preoccupati?
“I genitori avvertono certamente il pericolo e sono preoccupati. Come ripeto spesso, oltre alla cura Noi facciamo accoglienza dei genitori e dei loro piccoli. Per questo, stiamo cercando di dar loro tutte le informazioni possibili e contenere, così, le loro preoccupazioni. Ciò che possiamo fare è mettere in pratica l’attività di prevenzione, come raccomandato dal Ministero della Salute”.
Qual è il vademecum che state utilizzando in un servizio di oncologia pediatrica?
“Da parte dei servizi di oncologia pediatrica, la prima cosa è adottare il decalogo valido per le strutture sanitarie nazionali: limitare l’accesso, pensare all’igiene delle mani, mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro e fare riferimento ai medici se sopraggiungono tosse, raffreddori, difficoltà respiratorie e febbre. Da qui, eseguito screening, è stato messo in atto uno specifico percorso di presa in carico di eventuali contagi”.
Come è cambiato il suo quotidiano ai tempi del Covid-19? Ha modificato delle abitudini pensando ai suoi piccoli pazienti?
“Per me il Covid-19 è arrivato come un ‘ciclone’. La prima cosa è impedire ed aiutare il piccolo paziente affinché non si infetti. E poi dobbiamo salvaguardare noi stessi affinché non ci infettiamo noi e i nostri colleghi sanitari. Addirittura, ci sono dei genitori che si preoccupano per noi e ci domandano: ‘Se vi ammalate, chi curerà i nostri figli?!’. Per questo, siamo attenti a rispettare tutte le procedure ministeriali di prevenzione e spesso dobbiamo dire ai bambini che corrono ad abbracciarci nelle ore della giornata, ad esempio dopo la loro terapia o quando arrivano al mattino per eseguire la loro cura: ‘fermati lì!’. È straziante, ma è obbligatorio farlo per loro, prima di tutto; anche noi non possiamo permetterci di ammalarci”.
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