Editoriale

Festeggiare la donna nella nostra coscienza

Oggi si celebra la Giornata mondiale della donna, ma per quanto la mimosa sia un bellissimo fiore, un bel simbolo, non è sufficiente. Va bene regalare un fiore, ma questo deve portare a dei fatti, delle scelte, sia nella vita delle relazioni quotidiane. Bisogna iniziare a rispettare il genere femminile sin da quandosi trova nel grembo materno, in molti Paesi quando si scopre che non si è in attesa di un maschietto, la futura neonata viene soppressa con l’aborto. Quando invece riescono a venire alla luce, dovrebbero essere rispettate, accompagnate nello sviluppo della loro personalità, permettere loro di accedere facilmente al mondo dell’istruzione.

Questo per dare loro pari opportunità, affinché possano esprimere le loro doti e capacità, che sono meravigliose e possono diventare una risorsa unica per il bene comune e per la società. La politica deve fare delle scelte coraggiose per promuovere le capacità e lo sviluppo di tutte le donne.

In alcuni Paesi vengono considerate poco più di uno zerbino, costrette a contrarre matrimonio in tenera età con uomini molto più grandi di loro. Ci sono situazioni che evidenziano chiaramente come la femminilità sia considerata un elemento di debolezza. Spesso vittime di violenze sessuali, abusi, maltrattamenti, femminicidi, discriminazioni anche sul posto si lavoro, le donne vengono relegate ai margini della società. Bisogna ancora lavorare molto, senza demoralizzarsi, affinché la donna possa partecipare al “noi” del bene sociale.

In questa giornata in cui tutto il mondo celebra la donna, molti mariti, figli, e fidanzati compreranno un fiore, una scatola di cioccolatini per le loro mogli, madri e fidanzate. Ma ci sono alcune donne che non riceveranno niente di tutto questo, anzi, ci sarà chi passerà loro davanti facendo finta di non vederle. Sono le migliaia di giovani ragazze costrette a prostituirsi sui viali a luci rosse delle città italiane. Dobbiamo richiamare alla coscienza sociale di questo dramma. La Comunità Papa Giovanni XXIII con la campagna “Questo è il mio corpo” e il progetto “Nemmeno con un fiore” – che vuol dire che nemmeno con un fiore bisogna toccare o distruggere la dignità della donna – si impegna affinché questo dramma non venga dimenticato. Bisogna ribadire chi è la causa di questo: in primis il racket che va a nozze in questa possibilità di lucrare grazie agli istinti bestiali dei clienti.

Paolo Ramonda

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