Il rapporto tra Cristianesimo e diritti umani

“Se gli uomini sapessero amare, non avrebbero bisogno di giudici né di gendarmi per vivere in pace. Poiché non sanno amare bisogna stabilire delle frontiere e custodirle” (F. Carnelutti, La guerra e la pace, 1945, ripubblicato nel 2014 da Giappichelli). Per trattare il temasui rapporti tra il Cristianesimo e i diritti umani bisogna partire dalle parole di Gesù pronunciate durante l'ultima cena: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Giovanni 13,34). “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13, 35).

La parabola del Buon Samaritano spiega benissimo questo concetto. Un grande esempio di ciò che si dovrebbe fare nei confronti dell'altro in difficoltà. Essa insegna il soccorso a chi è nello stato di bisogno e messo ai margini della strada. “’Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?’. Gesù gli disse: ‘Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?’. Costui rispose: ‘Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso’. E Gesù: ‘Hai risposto bene; fa questo e vivrai’.Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: ‘E chi è il mio prossimo’. Gesù riprese: ’Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?’. Quegli rispose: ‘Chi ha avuto compassione di lui’. Gesù gli disse: ‘Va' e anche tu fa' lo stesso’ (dal Vangelo secondo san Luca 10, 25-37). Queste sono le parole più belle sui doveri umani. E siccome c'è corrispondenza tra diritti e doveri, esse sono anche le parole più belle in tema di diritti umani. Ma quelle di Gesù erano e restano parole veramente rivoluzionarie: In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato (dal Vangelo di san Giovanni, 13, 16).“Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica” (dal Vangelo di san Giovanni, 13, 17).

E poi le sette opere di misericordia: dai da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, vesti l'ignudo, alloggia i pellegrini, visita gli infermi, visita i carcerati, seppellisci i morti (dal Vangelo secondo Matteo, 25, 34-36). Le parole di Gesù fanno dei diritti umani i doveri del buon cristiano. Trasformano il rispetto dei diritti altrui in doveri di ciascun cristiano. In doveri del buon cristiano. E poi altri ammaestramenti: chi di spada ferisce di spada perisce (Matteo, 26, 52).  Invece la regola aurea, e cioè, non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso, non si trova nei Vangeli, ma è come se vi si trovasse. E così via. I Vangeli sono un inno al rispetto dell'altro e quindi al rispetto dei diritti umani. Da  sempre. Da molto prima che si incominciasse a parlare di diritti umani.

Ma, come si è accennato all'inizio, le regole dell'amore cristiano non sono quelle del diritto. E cosi gli ordinamenti giuridici sono diventati indispensabili per il formasi e il sopravvivere di qualsiasi collettività umana: dalla più piccola alla più grande. “Quelli che un tempo venivano chiamati ‘diritti naturali’, oggi hanno assunto il nome di ‘diritti umani’. E traggono spunto dal principio di diritto romano secondo cui il diritto è l'arte del buono e dell'equo (Ulpiano, Digesto, I,1,1). Essi dovrebbero essere sempre identici. E discendono dai ‘diritti che l'uomo ha per natura, individuabili con la ragione, che esistono a prescindere da ogni volontà”. Ricavati e studiati da Ugo Grozio (De iure belli ac pacis, prima edizione 1625, seconda edizione 1631), fondatore di quella corrente di pensiero giuridico chiamata Giusnaturalismo (cfr. R. FEDERICI, Guerra o diritto?, Editoriale Scientifica, Napoli, III edizione, 2013, p. 79 ss.).

A questa corrente di pensiero, in seguito si sarebbe contrapposta un'altra: quella positivistica. Il positivismo giuridico sorse nei primi decenni del secolo XIX come scuola dell'esegesi dei nuovi testi giuridici nati dalla Rivoluzione francese e dai codici napoleonici. Il massimo esponente di questo orientamento giuridico è considerato Hans Kelsen. Secondo questa scuola di pensiero, la regola giuridica è quella che viene rispettata da tutti i destinatari (volontariamente o per costrizione con uso della forza). La regola non rispettata non è giuridica. La norma, dunque, è pienamente giuridica solo quando vien osservata o fatta osservare. Infatti, se violata, trova la pubblica autorità (il “gendarme” di Carnelutti) che la impone a forza con l'aggiunta di una sanzione.  È il caso, ad esempio, di chi non vorrebbe pagare un tributo. Se Tizio (si fa per dire) non paga spontaneamente, si ritrova a dover pagare ugualmente, e con un sovraccarico (costituito dalla sanzione). Il contenuto dei diritti umani può essere specificato di caso in caso dalla dottrina e dalla giurisprudenza.Il problema, ancora parzialmente insoluto, è quello di renderli pienamente rispettati: dai comuni cittadini (e questo è più facile); e dalle autorità pubbliche nazionali e internazionali (e questo è molto più difficile).